P. Renzo Piazza

 

Sabato 14 settembre per la prima volta ho visitato i detenuti nel carcere di Klessoum e ho celebrato con loro l’Eucarestia. Il viaggio è iniziato su strade inondate dalle recenti piogge: siamo passati a prendere due Religiose che fanno parte dell’équipe incaricata di questo ministero e dopo una mezz’ora abbondante di viaggio, siamo arrivati a destinazione. La prigione è nuova, inaugurata il 5 febbraio 2021, ha una capacità di 1.200 posti ed è a 21 km da N’djamena.

Dopo dei brevi controlli  (abbiamo un’autorizzazione di visita per cinque persone per “condividere la parola di Dio e predicare ai detenuti” in cui si dice che “saranno puniti con la reclusione da 15 giorni a sei mesi coloro che volessero introdurre ai detenuti soldi, corrispondenza o qualsiasi oggetto…;), siamo entrati in una grande struttura, simile a  un grande mercato: una strada centrale, solcata da un canaletto di scolo, a destra e a sinistra gente che griglia la carne, prepara cibo “fast food”, bancarelle, venditori e un po’ più in là, le celle dove risiedono i detenuti. Mi hanno spiegato che queste attività sono gestite dai detenuti stessi, che vi svolgono un traffico notevole. C’è qualcuno che non vuole uscire dal carcere perché l’attività che svolge all’interno è più redditizia di quella che aveva quando si trovava in libertà.

Siamo stati attirati dalle voci di un coro e dal rullio dei tam tam: sotto una capiente veranda, abbiamo trovato i fedeli già riuniti, in attesa. Il luogo era ben preparato, l’altare ordinato e, stranamente, sopra la testa dei prigionieri giravano 6 ventilatori. Anche sulla sedia posta accanto a quella del celebrante era appoggiato un ventilatore… funzionante!

Mentre mi vestivo per la Messa, hanno intonato un canto natalizio che conoscevo bene: “Oggi è venuto Gesù”. Era facile associare la visita ai carcerati come una visita del Signore ai suoi fratelli più piccoli… Confesso che ho avuto un primo momento di emozione.

Di fianco alla corale, vi era una lavagna che riportava tutti i dati importanti per una buona celebrazione: 24° domenica del tempo ordinario, i riferimenti per le letture, i nomi dei lettori, del servizio d’ordine, del chierichetto (detenuto!) che serviva all’altare in abiti bianchi e mi dava gli opportuni suggerimenti.

C’erano tre-quattro giovani che portavano una stola gialla sulla spalla con una scritta: “servizio d’ordine”. Quando uno arrivava un po’ in ritardo lo aiutavano a trovare posto; durante la messa, passavano con dei bicchieri di acqua e li distribuivano ai loro compagni assetati. I bicchieri di acqua che passavano da una mano all’altra fino a raggiungere gli assetati, mi hanno fatto pensare ai pani e ai pesci che Gesù fece distribuire alla folla affamata. Secondo momento di emozione.

Ho contato una cinquantina di persone, la più parte giovani. Dopo un breve tempo di attesa sono arrivate anche le donne: ben vestite, eleganti, accompagnate da qualche bambino.

Abbiamo celebrato la liturgia della domenica; le letture sono state lette in francese, il vangelo in lingua ngambay e francese. Al momento dell’omelia ho espresso la mia gioia di essere in mezzo a loro, poiché mi permettevano di incontrare Gesù presente nella loro persona: “Ero in prigione e siete venuti a visitarmi”. Visitare i carcerati è un privilegio che non a tutti è concesso. Ho approfittato dell’occasione per ricordare le parole di Papa Francesco alle detenute nel carcere della Giudecca a Venezia quattro mesi fa: “Saluto con affetto tutti, soprattutto voi sorelle detenute nella casa circondariale. Ho desiderato incontrarvi per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore. Questo è un luogo di rinascita e qui nessuno può togliere la dignità ad una persona…” Ho ricordato loro che in carcere c’è molta sofferenza, ma anche molto umanità, molta fraternità molta collaborazione. Altro momento di emozione.

Dopo l’omelia una giovane donna si è alzata ed è passata a raccogliere l’elemosina. Ho visto che tra le monete c’era anche un biglietto da 500 franchi (1 €). Alla fine della messa hanno letto gli avvisi per le loro riunioni settimanali; hanno chiesto chi erano i nuovi arrivati nell’ultimo periodo, fissando per il sabato prossimo un momento di conoscenza e di condivisione.

Ne ho approfittato per consegnare un’immagine di Santa Giuseppina Bakita che, da schiava, ha fatto l’esperienza di essere privata della libertà. Una Santa che sa dunque capire la situazione di questi uomini e di queste donne. Alla fine hanno ripreso il canto iniziale “Oggi è venuto Gesù!”. Lo hanno cantato con grande forza e ritmo: ne è nata una danza molto partecipata. Si vedeva che erano contenti. Gli altri prigionieri si sono ammassati attorno, incuriositi da questa gioia apparentemente inspiegabile.

Non mi sarei mai aspettato di andare nelle carceri e di terminare la messa con danze e canti di gioia. Abbiamo ripreso la strada del ritorno con una breve pausa, dopo pochi km, per una foto al nuovo stadio di Mandjaffa, finanziato da un dono della Cina, della capienza di 30.000 posti e dal costo di circa 80.000.000 di €.

“Forse era meglio investire quei soldi nelle strade”, diceva l’autista, messo alla prova dalle buche e dal traffico caotico.

Ultima considerazione: pregare, va bene. Lo sanno già fare. Cosa fare perché quel luogo sia più umano e dignitoso? Il Vescovo si augura che l’équipe che ha designato sia capace di fare qualche proposta per ascoltare, accogliere e trasformare quel luogo, che ha bisogno di Parola di Dio, ma anche di giustizia, di rispetto, di dignità…