Era la Settimana per l’Unità dei Cristiani e il parroco si era accordato con le varie chiese protestanti per celebrazioni in comune. Una mattina mentre lavoravo vedo arrivare la nostra suor Hakima, comboniana egiziana, che accompagnava una signora longilinea e dai cappelli direi di un biondo-brillante e ben dritta dal aspetto nobile. Ho pensato che fosse una signora del nord Europa. Traendo le conclusioni mi son detto: “Sarà una protestante di qualche chiesa dei dintorni, che viene a prendere accordi con il parroco visto le celebrazioni per l’unità dei cristiani. Dopo essersi incontrata con i padri, la signora accompagnata da suor Hakima viene verso di me. La saluto: “Bonjour madame, soyez la bienvenue”! Lei scoppia in una sonora risata e mi dice in buon italiano: “Sono Suor Loredana Dalla Libera, Comboniana e italiana come te, precisamente padovana. Rido anch’io e gli dico: “Pensavo tu fossi una protestante forse tedesca o inglese!” Beh da allora l’ho sempre chiamata “la protestante”.
Preceduta da diversi avvisi telefonici, la scorsa settimana la “Protestante” è arrivata qui da noi a Isiro dopo un viaggio ingarbugliato. Secondo il programma di viaggio, era giunta in aereo da Kinshasa a Kisangani, dove il giorno seguente avrebbe avuto la coincidenza per Isiro. Ma come succede spesso (con maggior frequenza negli ultimi tempi) il volo è stato annullato. Dopo qualche giorno di attesa e non vedendo altre soluzioni ha pensato di fare il viaggio via terra con un bus. Sono poco meno di seicento cinquanta chilometri piuttosto problematici che, se va liscia, si percorrono in due giorni. Oltre alla strada seriamente dissestata a completare il disagio ci pensano i poliziotti e militari che agli innumerevoli posti di blocco fanno l’impossibile per far perdere la pazienza anche ai santi. La povera suor Loredana è arrivata a Isiro stanchissima e ben incipriata dalla polvere della strada che è abbondante e gratuita. La lascio riposare e il giorno dopo gli dico che anche se non sono sacerdote, bensì un semplice e stagionato Fratello, voglio confessarla. Ed ecco la confessione.
Cara Protestante raccontami un po’ delle tue radici non tedesche ma padovane…
Sono Padovana doc, e alla mia età ormai orfana di papà Giovanni e mamma Elda. In famiglia eravamo tre figli: la sorella maggiore Sabina, e a completare il quadro, io e mio gemello Daniele. Purtroppo Daniele, quando aveva quindici anni, ha fatto un incidente ed è morto. Ora restiamo solo noi due sorelle. Il cugino di mio papà era il famosissimo Mons Edoardo Mason, missionario comboniano e Vescovo di Wau nel Sud Sudan. Non è che questo abbia influito nella mia vita e nelle mie scelte. Il papà è morto quando avevo dodici anni.
E’ facile pensare che da giovane dove essere una tipetta speciale, un po’ protestante e mi domando come sia nata la tua vocazione…
Dopo la morte di mio fratello Daniele, mi sono un po’ allontanata dalla chiesa per una reazione di rifiuto. A dir il vero neanche prima bazzicavo molto in chiesa. Al contrario Daniele era sempre stato molto attivo in parrocchia essendo Scout. Io, alla chiesa preferivo il ballo in “discoteca”. Perdere sonno non mi disturbava, e sapevo recuperare soprattutto la domenica. Ballare mi piaceva e avevo seguito un bel corso di danza moderna. Avevo un lavoro che mi dava un buon salario a fine mese. Infatti lavoravo per una fabbrica di cosmetici come mediatrice prendendo gli ordini dei vari rappresentanti. Possedevo la macchina, avevo la mia compagnia e anche un ragazzo. Abitavo con la mamma. Non so perché ma un giorno mi sono fatta questa domanda: “Ma la mia vita sarà proprio questa?” ‘Si, c’erano belle cose, ci divertivamo ma mi domandavo, che senso avesse tutto questo. Tornando dal lavoro ho iniziato ad andare e stare del tempo in chiesa, in solitaria quando non c’era nessuno. La mia vocazione è nata proprio dalla relazione con Dio
Come è avvenuta questa tua conversione?
Non so chi mi abbia spinto e portata in chiesa, ma è diventata una necessità. Ci andavo ogni giorno. Su consiglio di un sacerdote, durante le mie ferie, andai a trascorrere alcuni giorni dalle suore di clausura… non perché avessi vocazione claustrale… Da allora piano piano ho vissuto certe esperienze che direi un po’ mistiche. Esperienze forti della presenza di Dio. La prima la feci proprio li nel convento: era il cinque agosto, una suora stava suonando la cetra per provare i canti per la veglia per il giorno della Trasfigurazione. Terminate le prove la suora è partita e sono rimasta sola nella cappella ed è in quel momento che ho sentito forte la presenza di Dio, tanto che mi ricordo di aver detto: “Ma allora Esisti davvero:” Ho vissuto altre esperienze molto forti, in seguito anche in missione. Subito dopo ho fatto anche un periodo di servizio a Roma con le suore di Madre Teresa.
Tua mamma come vedeva questi tuoi cambiamenti?
Mia mamma era arrabbiata, non capiva e si domandava: “Dove va? Cosa fa?”… Partecipai anche a un incontro del GIM (Giovani Impegno Missionario) dai Missionari Comboniani. Un giorno mentre i partecipanti uscivano in passeggiata per Padova, decisi di non uscire e andai in cappellina, aprii il tabernacolo e fu un’altra esperienza d’incontro con Dio. Da queste esperienze forti è nata la mia decisione di lasciare tutto e mettermi a disposizione del Signore. Mia mamma. che conosceva di che stampo ero, quando gli dissi che entravo tra le comboniane, mi ha guardato e mi ha semplicemente detto: “Tornerai in dietro”. In seguito lei mi ha appoggiato diventando animatrice missionaria più di me.
Come hai vissuto questa risposta alla chiamata del Signore?
Ben determinata, ho lasciato il lavoro e sono entrata dalle comboniane. Avevo trent’anni e non potevo tergiversare. Il mio datore di lavoro quando gli ho presentato la lettera di dimissione è rimasto sconvolto, ma gentilmente mi disse che se ci avessi ripensato il mio posto di lavoro lo avrei ritrovato. Sono trascorsi ormai trent’anni da quel giorno e il nuovo datore di lavoro, il Signore, mi ha dato molti posti di lavoro fantastici. Guardando nel retrovisore devo dire che è stato un bel cammino, prima perché ho imparato ad amare Gesù molto di più, e poi ad amare le persone tra cui mi ha inviato. Negli anni di missione ho scoperto tanti doni e capacità che il Signore mi ha dato per essere missionaria come Lui mi ha voluto. Certo non è stata facile la formazione detta “di base” perché iniziare il cammino a trent’anni non è dolce. Mi trovavo con ragazze più giovani di dieci e più anni, e avevo una esperienza di vita ben differente dalla loro. Quando mio papà mori avevo dodici anni, due anni dopo morì anche il mio gemello e mia sorella si era sposata. dovetti lasciare gli studi e cercare lavoro per aiutare la mamma che per campare faceva servizi per altre signore. Noi in formazione dalle comboniane eravamo un bel gruppo e capivo che stavo camminando per approfondire sempre meglio questa vocazione.
Alla fine del cammino della formazione di base dove ti hanno inviato le superiore?
Terminato il periodo di formazione classica, fui inviata a Bergamo dove per quattro anni studiai Scienze Religiose. Terminato questo periodo ricevetti la destinazione per il Togo, che era parte della provincia del Congo (RDC). La prima difficoltà fu quella della lingua. Per apprendere il francese mi avevano concesso solo tre mesi di studio in Belgio, ben pochi per apprendere una lingua, che non si impara “sans peine”. In missione o dovuto arrangiarmi per approfondirla avvalendomi di qualche insegnante. Maggior difficoltà era apprendere l’Ewé, la difficile e complicata lingua locale che nessuna di noi suore è riuscita ad imparare. Anche l’attività in missione fu un’esperienza nuova inserendomi nel lavoro pastorale e nell’impegno per “Giustizia e pace”, in un paese dove si respira la “sorcellerie” (magia) che impregna anche l’aria. Ci sono rimasta per sei anni nella missione di Asrama.
Visto che Togo e RDC andavano “a braccetto” come unica provincia delle comboniane, è facile capire che poi le superiore ti hanno chiamato in questo grande Paese…
Infatti alla fine del 2009 venni chiamata in Congo perché c’era bisogno. Fui inviata a Mungbere nel nord est e fu un bel periodo missionario con gente diversa con cui si crearono nuovi legami. Per due anni e mezzo ho lavorato con i pigmei, visitandoli nei vari accampamenti restando con loro condividendo la loro vita. Poi visto la mia precedente esperienza in Togo, mi fu chiesto di ricominciare ad impegnarmi per “Giustizia e pace” e con le “Dynamiques femmes”. Avevo molta inventiva e mi dedicavo a belle attività di formazione a cui invitavo anche le mamme pigmee.
Posso immaginare quando questo periodo sia stato bello e arricchente, ma…le superiore hanno spesso altri “buchi da tappare” e preoccupazioni da risolvere. In quale pentola sei caduta?
Rientrando in Italia per le vacanze, le superiore mi chiesero di fermarmi per un servizio come economa di delegazione nella nostra casa generalizia di Roma. Oltre che al lavoro per l’economia, ho voluto prendermi altri impegni. Ogni martedì, con un gruppo di religiosi e religiose, andavo a dare la colazione ai senza tetto nei quartieri vicino al Vaticano. L’economa generale al momento della partenza mi disse: “Lory non dimenticarti tutto quello che hai imparato. Fanne tesoro”. In effetti anche quaggiù in missione tutto mi è molto utile. Alla fine di questo periodo di servizio sono ritornata in RDC, bloccata nella capitale per nuovo impegno con “Giustizia e pace” cosa non facile a Kinshasa dove le realtà sono ben complesse. Nei villaggi del interno c’è più relazione con le persone, ci si sente più rilassati. In città sei confrontata a continue tensioni dove “ tutti sanno tutto”.
Di tutta la tua esperienza missionaria quali cose ti hanno maggiormente colpito e che vuoi mettere in risalto?
Premetto che ho vissuto la missione cercando di relazionarmi il più possibile con le persone. Le relazioni ti aiutano a crescere. Le persone danno molto ma ti mettono anche in discussione. Ti fanno conoscere tante cose. Questi rapporti mi ha arricchito tanto. Quando sono partita da Mungbere sono venute a salutarmi molte donne del mercato tanto che una consorella con un pizzico di invidia ironizzava: “Perfino le sorelle del mercato…” Ogni volta che andavo al mercato per acquisti, davo tempo e mi sedevo con loro per ascoltarle e parlare, e questo per loro era un dono. Anch’io ricevevo tanto da loro: mi facevano conoscere tante cose, e si creano legami belli. Devo molto a un mesetto trascorso in Terra Santa, dove la relazione con Gesù si è approfondita e intensificata, li ho capito ancor più l’importanza della relazione con Dio che si riflette nelle persone. Ringrazio il Signore di avermi dato questa opportunità; un grande dono per aprire meglio gli occhi e il cuore.
Ringrazio Suor Loredana per avermi dedicato un po’ di tempo per questa confessione e gli auguro che il prossimo viaggio per Kisangani e poi Kinshasa, per ritornare nella sua comunità e ai suoi impegni. non sia troppo complicato e penoso.