C’è un incendio che nessuno si premura di spegnere o, almeno, di contenere. Ci si guarda attorno e la nuova corsa al riarmo appare come un processo irreversibile. Vendere armi ed armarsi sembrano l’unguento miracoloso per pacificare. Per ammansire la nervosa sensibilità di un’opinione pubblica sempre più tesa sulla corda di un futuro minaccioso. Nel frattempo i margini per la pace si restringono sempre di più a un ritmo quasi quotidiano.
Il boom finanziario
E il mondo finanziario non è esente da pesanti complicità. Sarebbero 959 i miliardi di dollari utilizzati tra 2020-2022 dalle banche nel mondo a supporto dell’industria bellica. Una cifra che esce dal rapporto Finanza di pace. Finanza di guerra messo a punto da 71 banche etiche aderenti alla Global Alliance for Banking on Values (Gabv). Rapporto che approfondisce lo stretto coinvolgimento dell’industria finanziaria nella produzione e nel commercio delle armi.
Investimenti alternativi a quello delle armi
Nel rapporto si trova pure l’analisi dell’International Peace Bureau (Ipb) tra le più antiche federazioni internazionali per la pace nel mondo. Ha calcolato che cosa si potrebbe fare risparmiando sull’acquisto di alcuni sistemi d’arma. Ad esempio, una fregata multiruolo europea vale lo stipendio di 10.662 medici all’anno (media paesi Ocse); un aereo da caccia F-35 equivale a 3.244 posti letto di terapia intensiva; un sottomarino nucleare di classe Virginia costa quanto 9.180 ambulanze
E l’Italia?
Nella Relazione governativa italiana sull’import ed export di armi ci sono le tradizionali classifiche delle “Banche armate” quelle che mettono a disposizione delle aziende del settore i loro strumenti finanziari. Una fotografia che rischia di essere l’ultima, perché se anche la Camera approverà gli emendamenti alla 185, già accolti dal Senato, calerà il silenzio sugli istituti di credito.
Per la gioia del ministro alla difesa Guido Crosetto, già presidente delle Aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad). Il “colosso di Cuneo” è almeno dal 2014 che si batte per una riforma della 185. Una legge che, a suo dire, ingabbia e che prevede troppi lacci e lacciuoli.
L’Aiad ritiene da sempre come sia insopportabile che «la transazione del pagamento alle aziende venga bloccato dall’istituto di credito che si dichiara etico, nonostante il bollo di correttezza dello stato». Per questo si batte per l’istituzione di una banca pubblica dell’export che consenta alle imprese armate di lavorare tranquillamente».
Se la banca da finanza e moschetto è ancora solo un’idea, lo smantellamento della 185 è realtà.
Il calo
Le nuove tabelle presenti nella Relazione mostrano come sia calato nel 2023 il valore delle operazioni bancarie a sostegno dell’export definitivo di armi. Quella che evidenzia gli importi segnalati e accessori presenta una diminuzione del 19%.
abella
La nuova tabella “Finanziamenti-Garanzie per istituti di credito” – introdotta per «fornire un quadro più preciso dell’effettiva operatività di ogni singolo intermediario del settore» – mostra un calo del 42%.
Al vertice della prima tabella (quella classica) i soliti istituti di credito: il Gruppo Unicredit, Deutsche bank e Intesa Sanpaolo. Da soli rappresentano il 69,3% del valore degli importi e accessori segnalati. Il Gruppo Unicredit è calato del 46% (1,329 miliardi rispetto ai 2,466 del 2022). Torna a cresce con prepotenza la bresciana Banca Valsabbina: quasi 71 milioni rispetto ai 20,9 del 2022 (più 240%). Altra curiosità: entra in classifica un’altra piccola banca della provincia lombarda. Si tratta della brianzola Banca di credito cooperativo di Barlassina.
Ancora tu?
Merita un capitolo a parte il caso della Banca Popolare di Sondrio. L’istituto si conferma al quarto posto nella tabella degli “importi e accessori segnalati” con 356,8 milioni di euro: un più 44% rispetto al 2022.
Un articolo di Nigrizia del luglio 2023, che citava la sua presenza tra le “Banche armate”, aveva suscitato disappunto ai vertici di Banca etica.
La Popolare di Sondrio, con Bpm e Bper (presenti pure loro nella tabella, ma con importi calati rispetto al 2022) sono, infatti, tra gli azionisti minori di Etica sgr, la società di gestione del risparmio del Gruppo Banca etica.
L’intervista alla presidente di Banca etica
Anna Fasano, presidente dell’istituto padovano, in un’intervista al giornale aveva spiegato che «nel tempo ci siamo ritrovati con partner cambiati rispetto alle origini, perché pure il mercato è mutato». E alla domanda se non viveva come un fallimento la presenza dei tre istituti nell’azionariato di Etica sgr, la risposta è stata: «No. Però non posso neppure dire di essere soddisfatta del risultato finora raggiunto. Ripeto: per noi l’obiettivo resta quello, investimenti zero nel mercato degli armamenti». E non è possibile estrometterli dall’azionariato? «Significherebbe la scomparsa di Etica sgr».
La replica della Popolare di Sondrio
La stessa Popolare di Sondrio ha inviato un documento nel quale spiega, in sintesi, che «opera nel pieno rispetto della 185». Che non vi è alcun «coinvolgimento con paesi in violazione delle Convenzioni internazionali in materia di diritti umani». Che «riconosce i principi del Global Compact dell’Onu», il quale si occupa prevalentemente di impegni a livello ambientale. La Popolare ha un’attenzione particolare al punto 16.4 degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, che tocca i temi della «pace, della giustizia e di mettere fine a tutte le forme di violenza e delinquenza organizzata».
Il documento della banca si chiude affermando che «il gruppo riconosce un’ “economia di pace” come condizione per uno sviluppo autenticamente sostenibile e che occorre riflettere sui dilemmi etici posti dalla produzione e dalla commercializzazione di armamenti di guerra, identificando un modo coerente e trasparente il ruolo del settore finanziario».
«Occorre riflettere». Nel frattempo, durante la pausa di riflessione, la sua esposizione con le aziende armate è aumentata del 44% in un solo anno.
Un’analisi più approfondita sull’export armato italiano, sulla base della Relazione governativa sull’import ed export di armi, si trova sul numero di maggio di Nigrizia nell’articolo intitolato Baratro armato.
Gianni Ballarini – per Nigrizia