𝐏. Anastasio Tricarico

Troia (I), 23.6.1936   –    28.5.2023, Foggia (I)

Anastasio nasce a Troia, provincia di Foggia (Italia), il 23 giugno 1936, in una famiglia molto religiosa. Papà Michelangelo e mamma Tecla sono benedetti dalla nascita di ben 9 figli: 5 maschi e 4 femmine.
Nel settembre 1946, entra nel “Piccolo Seminario” che i Comboniani gestiscono a Troia, per frequentare la prima media. Tre anni dopo, è nella Scuola Apostolica di Sulmona e il 20 agosto 1951, scrive la lettera ufficiale al padre generale, «per chiedere l’ambita grazia di essere ammesso al Noviziato dei Figli del Sacro Cuore di Gesù». Il 1° novembre è a Fi-
renze per iniziare il Noviziato. Il 6 settembre 1953, emette i primi voti. Il 9 settembre 1959, fa la professione perpetua e il 10 aprile 1960 è ordinato sacerdote nella cattedrale della sua città, Troia, dal vescovo Antonio Pirotto.
Come ogni altro comboniano appena ordinato, padre Anastasio sogna e chiede l’Africa. Ma un mese dopo l’ordinazione è destinato alla Scuola Apostolica di Sulmona, come insegnante di francese di 90 “apostolini”.
Morde il freno per due anni. Il 7 luglio 1962, nuova lettera di assegnazione, ma non è ancora l’Africa, bensì la redazione della rivista Nigrizia, presso la Curia Generalizia di Verona. Qui si scopre un abile e convincente scrittore. Ma ci rimane soltanto per un anno.
Siamo agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso. L’espulsione dei missionari comboniani dal Sudan meridionale e i frequenti contatti della Direzione Generale con i Vescovi africani presenti al Concilio Vaticano II contribuiscono ad accelerare l’apertura dell’Istituto verso nuovi territori di missione in Africa. A giugno 1963, padre Anastasio è destinato al Burundi: fa parte di un gruppo di otto comboniani che dovranno iniziare la presenza comboniana in questa nazione africana.
L’8 dicembre gli otto “burundesi” prendono il volo da Roma. Quando arrivano a Bujumbura, sono accolti trionfalmente dai Padri Bianchi, da lungo presenti in Burundi. I nuovi arrivati vengono aggregati a quattro parrocchie, gestite da missionari di vecchia data o dal clero locale.
Padre Anastasio trascorre i primi cinque mesi a Bukeye per imparare il kirundi, una lingua locale molto ostica. Poi è assegnato alla missione di Mabayi, una tra le più sperdute nell’estremo nord-ovest del paese; due anni dopo gli viene chiesto di andare a fondare la missione di Butara, che inaugura il 2 settembre 1966. Nel giugno 1967, è trasferito a Cibitoke come superiore e parroco.
Nell’aprile 1972, in Burundi si scatenano i demoni dell’odio e della violenza. Nel paese avviene un genocidio selettivo: i “forti” Tutsi (sebbene minoranza: 14% della popolazione) massacrano 200.000, forse 300.000 Hutu (84% della popolazione). Padre Anastasio grida, scongiura di smetterla; ricorda: «Non potevo lasciar massacrare innocenti senza gridare allo scandalo».
Visto che i vescovi non intervengono, i rappresentanti di alcuni istituti missionari preparano una “nota informativa”, che viene consegnata ai vescovi, specificando che si tratta di un «documento riservato e confidenziale». Il testo finisce nelle mani dello stato maggiore e del governatore locale. Le autorità sono convinte che dietro al documento ci siano i comboniani; il vescovo ritiene padre Anastasio la mente di ogni cosa. Ai comboniani viene proibito di uscire dai territori delle rispettive missioni. Un paio di volte, padre Anastasio è interrogato dalla polizia e condannato al domicilio coatto per alcuni giorni ma non smette di aiutare persone hutu a mettersi in salvo. Il 12 settembre, per l’ennesima volta, è convocato dalle autorità che gli impongono per la terza volta il domicilio coatto: rimane chiuso in casa per 42 giorni. Le autorità sperano che ceda e chieda spontaneamente di lasciare il paese. Ma lui non cede. Finché il 25 ottobre gli viene comunicato il decreto di espulsione e il 28 prende il volo per Roma.
Il 3 marzo 1973, è già nella comunità di Bari, come superiore. È un vulcano di idee: iniziative di animazione missionaria e vocazionale, incontri con i giovani, visite a gruppi parrocchiali…
A gennaio 1977, è assegnato alla Comunità di San Pancrazio, a Roma, impegnato nel ministero nelle parrocchie romane e in vari servizi resi all’Associazione Comboniana Servizio Emigranti e Profughi (ACSE).
Il quadriennio 1977-1980 è per padre Anastasio un periodo di intensa attività: è membro del Segretariato generale per l’animazione missionaria; membro del Comitato generale per il Centenario del Comboni; consigliere del Segretariato per le missioni della provincia italiana; membro aggiunto dell’Ufficio Missionario della diocesi di Roma; dal maggio 1977 al settembre 1980, partecipa alle riunioni del Consiglio Missionario Nazionale della Cei quale rappresentante della Caritas nazionale.
Ciò che più lo entusiasma ed emoziona, tuttavia, è l’essere chiamato dalla Curia generalizia, nel luglio 1980, a lavorare con padre Pietro Chiocchetta e padre Aldo Gilli nella impegnativa causa di beatificazione di Daniele Comboni.
Destinato al Malawi-Zambia, alla fine di ottobre 1981 è a Londra per imparare l’inglese. Nel luglio 1982 è in Zambia, dove si butta subito nell’apprendimento della lingua locale, il Chichewa.
A marzo 1983 è già parroco a Phalombe, diocesi di Blantyre (Malawi), dove rimarrà fino al 1992. Dal 1987 al 1989 è vice provinciale del Malawi-Zambia. Nel 1993 passa alla missione di Chipini, diocesi di Zomba (Malawi). Nel febbraio 1997 è parroco di Chipata (Zambia) e superiore della comunità. Ci rimane fino all’aprile 2011, quando si sposta per un anno a Lisungwi, diocesi di Blantyre. In luglio 2012 è assegnato alla vicina Lirangwe fino all’aprile 2013, quando torna a Lisungwi, fino a 1916, divenendo anche economo della comunità.
In 35 lunghi anni, padre Anastasio è diventato un vero e proprio mattatore della missione comboniana nella provincia; ha anche lanciato il progetto “Il cibo di Maria”, un’iniziativa concreta a favore dei bambini delle scuole primarie: provvedere a ognuno di essi un pasto al giorno.
Il 1° febbraio 2016, padre Anastasio è assegnato all’Italia, incaricato dell’animazione missionaria nella parrocchia di Troia. È una “personalità” nella diocesi, dove tutti lo conoscono come grande missionario, sostenuto in mille modi nel suo lavoro in Africa.
Finché si tratta di parlare della sua Africa, è ancora brillante. Quando, però, si tratta di nuove visioni di missione, nuovi paradigmi di evangelizzazione, di ministerialità, di nuove priorità adottate dall’Istituto, appare alquanto rigido, tradizionalista, sospettoso di ogni apertura… Vivere con lui in comunità non è sempre facile.
Nel 2017, la salute comincia a venire meno. Il 1° aprile 2022, è costretto a ritirarsi in forma stabile presso una “casa di assistenza”, a Troia, gestita dall’Unione Amici di Lourdes (UAL) per persone non autosufficienti. A metà maggio, in seguito a un peggioramento, deve essere ricoverato presso gli Ospedali Riuniti di Foggia, dove si spegne la sera del 28 maggio.
I funerali sono celebrati il 30 maggio presso la Parrocchia di Maria Santissima Mediatrice, a Troia, sede dell’Istituto.

(Padre Franco Moretti, mccj)