Lo scorso 23 maggio, a Palermo, Fratel Claudio Parotti ha festeggiato il suo 25° di consacrazione missionaria. Erano presenti gli amici e la sua famiglia arrivata da Busto Garolfo per l’evento.

Se c’è una parola che fratel Claudio ripete più di ogni altra è “relazione”. Ogni volta che gli esseri umani intrecciano le loro vite tendendo al bene comune, nascono buoni frutti, nascono relazioni.
Aprile e maggio sono due mesi importanti per il fratello comboniano in missione a Palermo da quasi sei anni: il 25 aprile ha festeggiato ben due volte, per la Liberazione e per i suoi primi sedici anni di professione perpetua dei voti. Il 23 maggio invece ha festeggiato venticinque anni di professione religiosa.
Ma facciamo un passo indietro. Siamo nel ‘94, anno in cui fratel Claudio entra nei missionari comboniani lasciando quindi la famiglia e l’azienda agricola dei genitori in cui lavorava, amando quello che faceva.
«Io sentì subito che essere Fratello era la mia strada. La mia “prima” missione fu prepararmi alla missione tornando a studiare, per rispetto della gente soprattutto, nello spirito della condivisione». Seguono tre anni e mezzo a Bogotà tra i quali un paio di mesi a Barrancabermeja, zona di conflitto armato. Durante i fine settimana del primo anno di noviziato fa anche servizio di accompagnamento in una comunità di recupero tossicodipendenti, «Lì capisci che se riesci a salvare anche solo una vita è già una vittoria».
Nel 2007 fratel Claudio riparte per la Colombia dove vivrà questa volta per nove anni. Al suo rientro torna dalla famiglia, prende un anno sabbatico, «Era necessario per me, dopo nove anni di conflitto armato, ma che è stato enorme arricchimento, come uomo e come religioso… arrivi al nocciolo della vita. Ero immerso. E dopo, eccomi approdare a Palermo. “Sei sicuro di questa scelta?” mi chiesero mentre firmavo per la nuova destinazione. Lo ero».
È il 23 novembre 2017 quando fratel Claudio sbarca con direzione
Borgo Vecchio, uno dei quartieri più difficili della città. È qui che si trova la parrocchia Santa Lucia, vergine e martire, sede della comunità comboniana di Palermo ad oggi formata da fratel Claudio che si occupa dell’animazione missionaria e giovanile, padre Benedetto che gestisce il servizio pastorale in parrocchia e dunque l’attività di animazione con i ragazzi della parrocchia, oltre all’assistenza religiosa alla comunità filippina e il ministero pastorale in generale e Padre Antonio, parroco e coordinatore della comunità. «Lo stile della parrocchia include molta animazione missionaria – dice con orgoglio fratel Claudio – . Qui non si rivendica il proprio “orticello” ed è la cosa bella. Le attività si intrecciano, gli incontri sui nuovi stili di vita ad esempio, che coinvolgono adulti e giovani in percorsi legati al vino o ai “Grani antichi e i suoi mestieri”, sono attività della parrocchia ma molti dei partecipanti sono “esterni”. Siamo in tre e ci mettiamo in rete. Prima c’era anche padre Domenico che non è stato sostituito, lui era a tempo pieno col Forum Antirazzista, un servizio particolare che ci ha lasciato in eredità, nel quale cerchiamo di non seguire solo emergenze ma di ragionarci sopra, avere chiaro chi mettiamo al centro, chi soffre. Siamo nel movimento Laudato Sì, portiamo avanti con entusiasmo la raccolta dei tappi di plastica per finanziare borse di studio per i giovani del Sud Sudan e cerchiamo di partecipare agli eventi della città, a quelli degli studenti. Se vuoi avvicinarti ai giovani che fai? Aspetti che vengano in parrocchia? Il professore anziano di ecclesiologia diceva “La Comunión por definición se da entre distintos”, la comunione per definizione è tra diversi, è un dogma questo, se no non è comunione, è uniformità, ma non è quello che predicava Gesù». Fratel Claudio è anche “coordinatore per l’area siciliana della rete interdiocesana sui nuovi stili di vita”, seppur non ami le definizioni, crede molto nel concetto di rete e nella sua forza concreta. Perché “missione è relazione” ed è accoglienza, «sembra una cosa scontata – continua –, ma non lo è purtroppo. Conosco tante storie di uomini e donne che si sono sentiti “rifiutati” proprio da quella chiesa che avrebbe dovuto accogliere. Spesso poi si confonde la parola accogliere con tollerare, ma sono due cose molto diverse. Quello che predichiamo e a cui auspichiamo è l’accoglienza, non la tolleranza, e l’accompagnamento nei vari ambiti». Bolle tanto in pentola, azioni sempre cariche di significato e sempre volte ad un maggiore coinvolgimento soprattutto dei giovani. E, a tal proposito, ad agosto, dal 19 al 27, si terrà a Lampedusa un’esperienza estiva di condivisione per giovani dai 18 ai 30 anni.
«Palermo è una città viva e quello mi dà tanta speranza. Quello che invece mi fa male sono le migrazioni forzate dei siciliani che potrebbero essere il motore della Sicilia, con competenze, desideri. Andare via deve essere solo una scelta. Quello che cercherò di fare con sempre maggiore attenzione è creare reti che aiutano ad approfondire e dare quella semenza di qualità necessaria, mettendoci ognuno il proprio specifico.

E allora, buon prosieguo di cammino hermano Claudio. È così che lo chiamano da queste parti, affettuosamente, e quando accade i suoi occhi si illuminano.

Marta Genova