Intervento del Vescovo domenica 29 gennaio 2023, presso la comunità comboniana di Castel d’Azzano

Dopo aver ascoltato i confratelli, Mons Domenico Pompili, vescovo di Verona, è intervenuto con queste parole:
“Il missionario, da quello che posso comprendere, è uno che si è completamente disinstallato ed è andato incontro a ciò che è sconosciuto e ci vuole una buona dose di coraggio oltre che incoscienza per fare questa operazione cioè disinstallarsi dalla propria condizione. Penso a voi che siete tutti per la gran parte italiani qualcuno anche di questa terra del nord-est e vi siete mossi come Abramo verso una terra sconosciuta e questo sicuramente fa di voi dei pionieri sempre. Non è solo il buon Comboni ad essere stato un pioniere. certo in condizioni molto più complicate di quelle che avete vissuto voi, ma pure voi avete vissuto, immagino, vicende molto esigenti e quindi per questo io mi sento piccolo, perché quando metto al paragone la vostra attenzione missionaria con quella di noi chiese di antica fondazione, sperimento tutta la distanza tra la vostra agilità, la vostra freschezza, la vostra libertà e invece la nostra pesantezza la nostra forma di radicamento in questa terra.
Per me siete una grande testimonianza di come la chiesa deve cercare di diventare per assomigliare sempre di più a quello che il Signore Gesù vuole, noi chiese più di antica fondazione.
Qualche volta ci dilaniamo tra conservatori e progressisti. Pensate all’esito di questo grande evento che è stato il concilio Vaticano II che nell’intenzione del beato Papa Giovanni doveva essere un momento di slancio missionario e che poi invece è stato in alcuni casi una sorta di lotta tra due posizioni che si sono divise il campo tra conservatori e progressisti. Invece la vera distinzione è quella che passa tra missionari e quelli che non sono missionari e io per questo vi sono grato e vorrei anche dire che dalle quattro brevi testimonianze che avete espresso, di aver colto in voi, oltre la libertà e il coraggio, se volete, anche l’incoscienza, una sottile di gioia per la vostra esperienza di vita. Oggi nel vangelo leggeremo il brano delle beatitudini e mi pare che questa è una vera conferma sperimentale di quanto voi siete stati autentici missionari del vangelo, perché l’aver potuto vivere una vita così spericolata, conservando non solo la gioia ma perfino il buon umore, dice che veramente il vangelo voi lo avete fatto entrare fin nelle vostre vene e di questo pure sento di dover dire grazie. Dico grazie a tutti, ai due fratelli che hanno preso la parola, Fr. Abele e Fr. Roberto, così come ringrazio padre Pietro Moro e il padre Pietro Bracelli che è stato in Brasile. …

Volevo concludere dicendo che sono stato colpito venendo a Verona che era per me una chiesa che assolutamente non conoscevo e che era ovviamente, essendo io un laziale, un “terrone”, era un terra molto lontana dalla mia ipotesi di poterci lavorare. Però, preparandomi a questo incontro con la chiesa di Verona mi sono fatta accompagnare proprio dalla figura di Monsignor Comboni di cui ho letto una bella biografia di Gianpaolo Romanato. Penso che sia una delle più belle perché non è una storia edificante o devota. Ma è uno storico che inserisce la figura di Comboni dentro quel più vasto processo storico che ha a che fare con la colonizzazione dell’Africa tra il 700 e l’800 e riesce però a dare con grande perspicacia la fisionomia di quest’uomo che è all’origine della vostra vocazione. Devo dire che sono rimasto molto colpito dalla figura di Daniele Comboni: sono colpito dal fatto che Daniele Comboni non a caso è diventato quello che è stato perché da Limone si è trasferito a Verona dove si è incontrato con figure come il famoso Don Congo, cioè Don Mazza che in qualche modo lo ha introdotto in questa visione allargata della chiesa e del mondo e perciò è l’incontro con la chiesa di Verona dove per Monsignor Comboni è stato l’incontro con una chiesa non chiusa, arroccata, ma paradossalmente perché spesso nell’immaginario collettivo Verona sembra essere circoscritta alle sue mura, quasi che oltre le mura come dice Shakespeare non ci sarebbe il mondo.
Invece Verona in quel periodo storico aveva al suo interno figure capaci di andare ben oltre le mura di Verona. Bertoni e poi successivamente a Comboni, lo stesso Don Calabria. Perciò mi son detto: questa è una chiesa che è connotata nel profondo dalla dimensione missionaria e perciò sarà importante che questa dimensione venga ancora di più messa in luce perché è questa se vogliamo la radice profonda della chiesa di Verona.
Ecco io per questa ragione sin dall’inizio sono stato attento a questo mondo missionario e nello specifico anche a voi che siete comboniani e quindi mi riprometto anche di continuare questa nostra frequentazione perché per me il contatto con voi è un incitamento per tenere aperta questa finestra missionaria.
Grazie”.