Padre Alessio Geraci

A partire dal cuore ……

La seconda lettura di questa trentaduesima domenica del tempo ordinario è davvero per ognuno di noi, una parola di speranza e di vita. Infatti, nel frammento della seconda lettera di Paolo ai Tessalonicesi, possiamo apprezzare alcuni concetti che ci donano vita. Ci viene detto che Dio, nostro Padre, ci ha amato tanto e ci ha regalato una consolazione permanente e una grande speranza. È l’esperienza di Paolo, che ha sperimentato nella sua propria vita, la bontà e l’amore misericordioso di Dio, per mezzo di Gesù Cristo. È l’esperienza di ognuno di noi, che giorno dopo giorno, possiamo toccare con mano, concretamente, come Dio passa nella nostra vita. L’amore di Dio non è qualcosa di teorico, di astratto, ma anzi, al contrario, è qualcosa di molto concreto, che si manifesta attraverso persone concrete. Perché Dio vede le necessità, i bisogni concreti di ogni uomo e di ogni donna, e si fa presente in molte e svariate maniere. Però molte volte noi non riusciamo a riconoscerlo. Le lacrime umane sono anche le lacrime di Dio. Il sorriso e la felicità umana sono anche il sorriso e la felicità di Dio. E allora Dio si fa presente in quell’amico, in quell’amica, che ci è stato accanto nel momento in cui più avevamo bisogno. Dio si fa presente in un abbraccio, in una carezza, in un bacio, in un sorriso, in una lacrima condivisa, in una stretta di mano, in un gesto di fiducia, in una risata. Dio è sempre con noi, sempre presente in mezzo a noi perché non ci abbandona mai. Forse siamo noi che lo abbandoniamo. Ma nonostante questo, nonostante a volte gli alziamo muri e barricate, Dio rimane fedele alla sua Parola e non ci abbandona mai! Paolo insiste ancora una volta nel sottolineare che il Signore è fedele. Domandiamoci in questa domenica, come figli di Dio, se siamo fedeli, nelle nostre relazioni, di coppia, di amicizia, o di lavoro. Come sta la nostra fedeltà? Si basa sulla fedeltà pura ed eterna del Signore? Paolo ci dice che il Signore, che è fedele, ci confermerà, ci darà forza e ci custodirà dal maligno. L’infedeltà non viene da Dio ma al contrario viene dal maligno. Questa società ci sta abituando, con ritmi sempre più frenetici, a considerare l’infedeltà come qualcosa di comune, normale. Ma Dio, con il suo esempio di fedeltà, ci aiuta a considerare la fedeltà come ciò che realmente Lui vuole per il bene delle nostre relazioni interpersonali. E se siamo fedeli nelle nostre relazioni interpersonali, lo saremo allora anche con Dio. Questa seconda lettura di oggi, termina con una bellissima preghiera che Paolo lascia alla sua comunità e che noi oggi, possiamo fare nostra: Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo. Ora, il Popolo di Israele ha fatto esperienza di un Dio che ascolta, che non rimane indifferente ed insensibile davanti ai problemi e alle necessità dei suoi figli. È bello allora, poter fare nostri i sentimenti del salmista quando nel salmo di questa domenica, possiamo vedere l’assoluta fiducia in Dio: Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio; tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole. Quindi, con la profonda ed assoluta fiducia che saremo ascoltati, anche noi chiediamo oggi a Dio, che conduca i nostri cuori verso di Lui, verso il bene, e che li riempia di pazienza e gioia. Nella prima lettura, il secondo libro dei Maccabei, ci parla di scene che purtroppo possiamo considerare come attualissime in alcune parti del mondo.

Un re greco, Antioco, conosciuto per il suo desiderio di imporre, anche con la forza, il pensiero e le usanze greche nei territori degli ebrei, si scontra con il coraggio e la fede di sette fratelli ebrei, i quali preferiscono morire, piuttosto che rinnegare il loro Dio e smettere di vivere secondo la legge di Dio. Ci ricorda molto da vicino il martirio silenzioso e cruento che giorno dopo giorno subiscono tanti fratelli e tante sorelle che condividono la nostra stessa fede e che vivono in alcune zone dell’Africa o dell’Asia: si rifiutano di adorare gli idoli e di rinnegare la fede in Cristo, e danno testimonianza di Cristo fino a donare la propria vita. In fondo, martire in greco vuol dire proprio testimone. Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani, diceva Tertulliano, uno dei primi padri della chiesa. L’eroica fedeltà e il coraggio, dei sette fratelli martiri di cui ci parla la prima lettura ed anche dei martiri di oggi, trova radici profonde in una certezza che niente e nessuno potrà mai scalfire: Dio è il re dell’Universo, e li risusciterà ad una vita nuova ed eterna. La Risurrezione è qualcosa che riguarda ogni battezzato, discepolo missionario del Dio della Vita, del Dio dei vivi. Quante volte ci siamo chiesti cosa ne sarà di noi e dei nostri cari, dopo la morte… quella che chiamiamo vita eterna…. esisterà davvero…. o tutto finirà quando il nostro cuore smetterà di battere? Nel vangelo, Luca ci presenta l’incontro di Gesù con il gruppo dei sadducei. Nel suo cammino verso Gerusalemme, Gesù si era incontrato con vari gruppi e sempre era stata occasione per Gesù, di mettere le cose in chiaro, specialmente con gli scribi ed i farisei. Qui, i sadducei organizzano una trappola… a Gesù.

Loro, non credono nella risurrezione…ed inventano una storia affinché Gesù possa cadere nella loro trappola. Chiedono infatti a Gesù, di chi sarà sposa nella Risurrezione dei morti, una donna che era stata moglie di sette uomini. Questi sette uomini erano fratelli tra di loro e con nessuno di essi questa vedova aveva avuto figli. Nella loro domanda ingannevole, si aggrappano a Mosè e a ciò che prescrive in casi come questi il libro dell’Esodo. Ma Gesù, utilizzando anch’egli la Scrittura e lo stesso libro dell’Esodo, gli ricorda e ci ricorda che Dio è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per Lui. Coloro quindi che credono in questo Dio dei viventi, nel Dio della Vita, nella Risurrezione, avranno parte del Regno di Dio, saranno come angeli, e quindi sarà una realtà totalmente nuova. Ma la vita eterna, si costruisce qui e adesso, nella feriale quotidianità, con scelte concrete, con gesti quotidiani concreti, perché già lo sappiamo abbondantemente, l’amore di Dio non è mai teorico, ma sempre molto concreto.

Con la morte, finisce la nostra vita terrena. Gesù, che ha spezzato le catene della morte, vincendola, ed ha sperimentato la Risurrezione, chiama anche noi, ognuno di noi, a fare questa meravigliosa esperienza di vita piena. Con la Risurrezione, non continuiamo la vita che abbiamo finito, perché qualcosa che finisce, non può più continuare come prima. Cominceremo allora a vivere una vita in eterna pienezza, perché contempleremo ad ogni istante, il volto di Dio. Perché godremo della sua presenza. Non ci sarà più il tempo, come l’abbiamo sempre inteso, fatto di secondi, di minuti, di ore. Esisterà un tempo eterno, che non ha inizioné fine. E il tempo dell’incontro eterno tra Dio ed ogni creatura sua. Se moriamo è per risuscitare. Se moriamo è per continuare a vivere una vita che non finirà mai!

Buona domenica!

Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci