Padre Alessio Geraci

A partire dal cuore ……

In questa ventiquattresima domenica del tempo ordinario, il tema centrale delle letture della liturgia è la misericordia. Nella prima lettura, il libro dell’Esodo ci mostra una cosa che purtroppo accade molto spesso anche ai nostri giorni: il popolo di Israele sembra aver perso la memoria. Sembra aver già dimenticato ciò che Dio ha fatto per loro e con loro: il passaggio del Mar Rosso, la grande liberazione grazie alla quale, dalla schiavitù mortale in Egitto, il popolo di Israele è passato alla vita e alla libertà. Dio aveva tracciato loro una strada sicura per raggiungere la pienezza della vita: osservare i comandamenti, vivere l’Alleanza con Lui. Ma il popolo, «dalla dura cervice», non ha tardato ad allontanarsi dalla strada indicata da Dio.

E questo succede anche a noi oggi. Spesso non ricordiamo tutte le meraviglie che Dio ha operato e continua ad operare in noi e attraverso di noi. Non ricordiamo dove Dio ci ha condotti, da quale schiavitù ci ha liberati, dove ci ha piantati affinché potessimo fiorire. Non ricordiamo tutto l’amore che Dio riversa su di noi in ogni momento. E invece di camminare, con gratitudine, per le vie del bene, abbiamo deciso liberamente e volontariamente, di camminare lungo altre strade parallele che si rivelano poi essere…vicoli ciechi! Preferiamo, come il popolo di Israele, crearci il nostro dio. Dimenticando così la cosa più importante: Dio ci ha creati per amore e con amore, a sua immagine e somiglianza. E noi invece, spessoci creiamo un dio a nostra immagine e somiglianza.

Mosè gioca un ruolo importante qui. Perché la ribellione, l’infedeltà, l’idolatria del popolo d’Israele che costruisce un vitello d’oro e decide di adorarlo come loro dio, non possono passare inosservati al vero ed unico Dio. E Mosè intercede davanti a Dio, svolge il ruolo di intercessore, affinché Dio ricordi le sue promesse e usi misericordia di fronte ai peccati del popolo.

Noi, come il popolo d’Israele, invochiamo oggi la misericordia, caratteristica divina che Dio non vuole tenere solo persé come un tesoro geloso, ma che condivide con noi. E con il salmista diciamo anche noi oggi: «Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;nella tua grande misericordiacancella la mia iniquità.Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro.Crea in me, o Dio, un cuore puro,rinnova in me uno spirito saldo».

Abbiamo bisogno di un cuore puro, un cuore capace di perdonare e amare, capace di battere al ritmo di Dio. Abbiamo bisogno di essere persone nuove, trasformate dalla misericordia di Dio, e capaci di trasformare con gesti misericordiosi le persone che ne hanno più bisogno.

Nella seconda lettura Paolo scrive a Timoteo e la prima cosa che mi colpisce è che ringrazia Dio per averlo considerato degno di fiducia affidandogli il ministero. E noi, sappiamo ringraziare Dio? O semplicemente, quello che sappiamo fare, è lamentarci perché le nostre preghiere non sembrano trovare risposte? Sappiamo avere un cuore grato a Dio o ci ricordiamo solo che Dio esiste nel momento in cui abbiamo bisogno di Lui, quasi come fosse l’ultimo e disperato tentativo di cambiare la nostra situazione? Paolo non si vergogna di raccontare la sua storia: «prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù».

È bello poter vedere la confessione di fede di Paolo e come racconta la sua storia. Vale la pena chiedersi se siamo allo stesso modo, capaci di condividere con gli altri, la nostra storia di fede e di conversione.

Vorrei sottolineare quella che considero la cosa più importante di questa seconda lettura: Paolo, infatti, dice che «questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io».

Per salvare i peccatori Gesù è venuto nel mondo; quindi, ecco in cosa consiste il piano di Dio: la nostra salvezza. Dio vuole che nessuno si perda. E lo vediamo chiaramente nel Vangelo di Luca, nel suo quindicesimo capitolo, che non a caso viene chiamato il capitolo della misericordia. Questo capitolo e questo Vangelo si aprono con una premessa che ritengo fondamentale: «si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Come possiamo vedere, sono due posizioni molto diverse e distanti tra loro. E penso che dobbiamo stare molto attenti perché è molto facile identificarsi con i peccatori che si sono avvicinati a Gesù, ma molte volte ci comportiamo come i farisei perché pensiamo che la misericordia sia solo per alcuni, che ci siano gruppi di persone che non meritano la misericordia di Dio. Agiamo usando queste odiose categorie di “noi e loro”. Continuiamo a etichettare le persone (le etichette vanno bene solo quando si mettono nei barattoli per differenziarne il contenuto!) quando sappiamo che Dio ci ingloba tutti, ci include tutti nell’unica categoria umanamente divinizzata e divinamente umanizzata: figli! Perché siamo tutti figli e figlie suoi. Tutti. Nessuno escluso.

Gesù parla in parabole e così fa capire al suo auditorio di tutti i tempi (e quindi anche a noi!) quello che abbiamo visto dire da San Paolo: Lui è venuto per salvare i peccatori. Gesù ci mostra un Dio che cerca disperatamente coloro che si sono persi o che sono stati considerati dalla società e dalla religione come “perduti” (o “deviati”, per usare un termine di questa campagna elettorale). Un Dio che gioisce enormemente quando ritrova ciò che considerava perduto. Lo vediamo con la parabola del pastore e della pecorella smarrita. Dio è questo pastore che lascia novantanove pecore dal suo gregge di cento, per cercare la pecorella che si è smarrita. Il pastore affronta l’oscurità e tutti i pericoli del caso perché gli interessa solo una cosa: recuperare la sua pecorella smarrita. Che conosce per nome. E che ama infinitamente. E quando la trova, la sua gioia è così grande che l’unica cosa che può fare è chiamare amici e vicini, e condividerla con loro.

Dice Gesù: «vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione», e ancora una volta riecheggiano le parole di San Paolo: Cristo è venuto a salvare i peccatori.

Un’altra parabola che Gesù racconta è quella della donna che, avendo dieci monete, ne perde una… e inizia la sua affannosa ricerca finché non la trova. Grande sarà la sua gioia per aver recuperato qualcosa che considerava perduto… una gioia così grande che viene condivisa con le amiche e con le vicine. Anche in questo caso, Gesù chiude il racconto della parabola con una frase che ci aiuta a capire il senso stesso della parabola: «Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». La nostra conversione, il nostro ritornare al Signore, il nostro voler concretamente essere persone migliori, causano una gioia enorme a Dio. E se fossi tu, quel peccatore che si converte, e che causa enorme gioia a Dio?

La terza parabola che Gesù racconta in questo quindicesimo capitolo di Luca è forse la più conosciuta, quella del “padre misericordioso”, o del “figliol prodigo”. L’abbiamo già commentata abbondantemente in Quaresima. Ora voglio solo sottolineare la misericordia di questo Padre, davanti le miserie, spirituali e materiali dei suoi due figli. Tutti i gesti che fa, specialmente verso il figlio minore, come corrergli incontro, abbracciarlo, baciarlo, dargli l’anello e i sandali, vestirlo con l’abito più bello, fare uccidere il vitello grasso e organizzare un banchetto per fare festa per il suo ritorno…ecco, tutti questi gesti mostrano come questo Padre, che è Dio, voglia una sola cosa: la salvezza e la felicità di suo figlio. Non lo umilia, non gli rimprovera nulla (e come abbiamo visto in Quaresima, di motivi ne avrebbe avuti per farlo!), non gli “rinfaccia” niente (come forse siamo abituati noi al minimo errore degli altri!). Ma lo abbraccia. È un abbraccio che ridona vita. È un abbraccio che riceviamo anche noi da Dio, e che siamo chiamati a condividere con tutti gli altri, senza escludere nessuno. Perché Gesù è venuto a salvare i peccatori, e tutti noi lo siamo.

Perdonati da Dio, perdoniamo gli altri. “Misericordiati” da Dio, usiamo misericordia con gli altri. Amati da Dio, amiamo gli altri. Benedetti da Dio, benediciamo gli altri!                 

Buona domenica!

Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci