Padre Alessio Geraci

A partire dal cuore ……

Siamo giunti alla ventitreesima domenica del tempo ordinario e il Vangelo questa domenica ci aiuta ancora di più a comprendere l’importanza della radicalità della sequela di Gesù.Ma partirei dalla prima lettura. Il riflesso della saggezza del libro della Sapienza ci aiuta a capire che decifrare la volontà di Dio è molto, molto difficile. Infatti, l’autore di questo libro sacro iniziala sua riflessione dicendo: «Quale uomo può conoscere il volere di Dio?Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?».Comprendere la volontà di Dio, specialmente nei momenti di tristezza, abbandono, tradimenti subiti, nei momenti più difficili… sappiamo che è molto complicato, e questi ultimi tempi di guerre, pandemie, profonde incertezze politiche, sociali ed economiche, ce lo confermano. Lo sperimentiamo anche perché a volte sentiamo alcuni dei nostri, che dicono in questi momenti di oscurità assoluta, frasi come “dobbiamo accettare la volontà di Dio”. Quasi come se la sofferenza che stiamo attraversando fosse qualcosa di volutoda Dio o a Lui grato. A volte annunciamo, senza averne piena consapevolezza, un Dio sadico, un Dio che quasi “gode” dei nostri dolori, delle nostre lacrime, delle nostre sofferenze, un Dio insensibile e indifferente. Un Dio che non è il nostro Dio. Perché la volontà di Dio, del nostro Dio, il suo piano, il suo progetto, il suo sogno, è la nostra felicità. Non c’è gioia più grande per Lui che quando ognuno di noi vive libero e felice, senza dolore né sofferenza. Questo è il Dio in cui crediamo, un Dio con noi, e non un dio contro di noi. Crediamo in un Dio che è amico, con il quale possiamo parlare, perché ci ascolta, perché ha a cuore ognuno di noi, perché è sempre attento a noi e ai nostri bisogni concreti.Nella preghiera troviamo la forza per comprendere che tutto ciò che unisce e ci conduce alla pienezza della vita procede da Dio. E quindi, tutto ciò che ci divide e ci logora, non viene da Dio. Abbiamo bisogno di saggezza per non cadere nelle trappole, a volte che la stessa teologia, involontariamente offre, per considerare la sofferenza, il dolore, come qualcosa che Dio ci manda. Dio è onnipotente si, ma nell’amore e nella misericordia!Ma oserei dire che Dio ha paura. Sì, Dio teme che l’uomo, creato per essere felice e in grado di vivere una vita piena, in abbondanza (Gv 10,10) non riesca a sconfiggere le paure, l’orgoglio e il pregiudizio, e tutto ciò che lo rende schiavo. Dio ha paura che l’uomo possa vivere nella finzione e nella menzogna. Dio teme che l’uomo sia “cosificato” e venduto “per un paio di sandali” (Am 2,6). Dio teme che l’uomo non capisca che se Lui, incarnandosi, è il vero Emmanuele, il “Dio-con-noi”, allora l’uomo deve essere un uomo “per” e “con” altri uomini e non come accade oggi, un uomo contro un altro uomo. Perché è un Dio totalmente impegnato, “compromesso” con l’uomo, un Dio che soffre, lotta, aspetta, gioisce con l’uomo.

Il popolo di Israele nel corso della sua storia ha sperimentatoDio come il suo rifugio di generazione in generazione.Ed è così che lo sperimentiamo anche noi: Dio è stato, è, e continuerà ad essere il nostro rifugio, la nostra difesa, il nostro porto sicuro (e aperto!) dove possiamo cercare e trovare aiuto. Con il salmista chiediamo anche oggi un cuore sensibile, un cuore saggio, capace di discernere il bene dal male, capace di comprendere quali sono i sentimenti che, secondo il disegno di Dio su di noi, possono avere il diritto di cittadinanza nei nostri cuori, e quelli che, invece, devono ricevere un cartellino rosso ed essere espulsi per sempre della nostra vita.

Il Vangelo, come dicevamo all’inizio, ci parla della radicalità della sequela di Gesù. Ci troviamo, come domenica scorsa, nel capitolo 14 di Luca, e Gesù continua il suo cammino verso Gerusalemme, accompagnato da molte persone.  Forse alcuni hanno visto i grandi segni che Lui ha fatto, forse altri sono rimasti colpiti ed affascinati dal suo modo di essere e di parlare, forse altri hanno notato la sua vicinanza a coloro che erano emarginati dalla società e dalla religione. Molti lo seguono. Come noi oggi.Ma a chi lo segue, Gesù comincia a dire una serie di cose, che forse avranno spaventato un po’ il suo auditorio, così come forse spaventano un po’ noi oggi. Chi decide di seguire Gesù e non lo ama più di quanto ami suo padre, sua madre, i suoi fratelli, i suoi figli, non può essere discepolo di Gesù.Gesù non vuole entrare in competizione con i legami familiari, che sono qualcosa di innato, qualcosa che appartiene alla natura umana. Gesù non vuole che seguendolo, i nostri legami familiari scompaiano. Ciò che Gesù vuole è che non siano un ostacolo alla sua sequela e all’annuncio del Regno.

«Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo», ci dice Gesù.Vorrei sottolineare l’importanza del «dietro a me» che Gesù rivolge a tutti i suoi discepoli di tutti i tempi storici e di tutte le latitudini geografiche. Gesù è il Maestro e ci precede, apre strade, è Lui che i discepoli devono seguire. Noi, discepoli missionari del 2022, dobbiamo quindi stare dietro al Maestro e seguire le sue indicazioni, la sua via dell’amore e del perdono, il suo cammino senza scorciatoie per raggiungere la meta che è la vita eterna, che inizia qui e ora. A volte però, vogliamo essere noi i maestri, vogliamo guidare gli altri, essere noi i leader… e finiamo così per mutilare il Vangelo, scegliendo come si fa al ristorante, ciò che ci piace di più, evitando le cose che non ci piacciano, o che non ci convengono.Gesù è il Maestro, e ha portato la sua croce e ci indica la via, come a dirci:ogni giorno dobbiamo portare la croce delle incomprensioni, del rifiuto, dell’ostilità, perché se vogliamo raggiungere la gloria della risurrezione, dobbiamo passare attraverso la passione. Ma, ciò che per alcuni è follia, per noi discepoli, la croce è fonte di salvezza.

Essere discepoli di Gesù è l’avventura più bella che ci possa capitarenella vita, ma non ammette la doppiezza del cuore, non ammette una “doppia vita”. Non puoi lasciare tutto e seguire Gesù, e poi avere un’alternativa pronta, per ogni evenienza, un… “non si sa mai! Nel seguire Gesù, non c’è un… “non si sa mai”! Non esiste una soluzionegià pronta, un’alternativa già preparata se qualcosa non va come volevamo, immaginavamo, speravamo. Mi viene in mente una canzone di Laura Pausini che dice: “lascia l’apparenza e prendi il senso”. Ehsi, bisogna proprio lasciare l’apparenza dell’avere, del possedere, per trovare il senso di tutto: essere! E abbandonarsi nelle mani provvidenti di Dio, sapendo che Lui non toglie nulla ma dona tutto, a chi sa rispondere generosamente alla sua chiamata. Che Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, che verrà beatificato questa domenica, ci accompagni con la sua intercessione, affinché siamo sempre, in ogni ambito della nostra vita, discepoli coerenti e appassionati.

Buona domenica!

Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci