Padre Vincenzo Percassi
Poco prima di separarsi dai suoi discepoli Gesù dice che sarà sempre possibile restare in relazione con lui. Il tramite diquesta relazionesarà l’amore. Non il semplice ricordo, che conserva l’ombra di un affetto sperimentato in vita ma l’amore che in senso stretto è possibile solo tra persone vive. Questo amore di cui Gesù parla, allora, presuppone non un sentimento o una percezione soggettiva ma una “presenza viva”, così intima da poter riempire l’interiorità del discepolo. Quest’ultima allora diventa lo spazio perchéGesù e il Padre e lo stesso Spirito Santo possano “dimorare” e quindi diventa il tramite della comunione tra Dio e l’uomo. È a partire da questa “comunione” sperimentata che – dice San Paolo – l’uomo si riscopre figlio e quindi può gridare Abba nel suo cuore, cioè vivere proteso a “piacere” a Dio non per legge ma per gratitudine e fiducia. In questa prospettiva possiamo dire che il dono dello Spirito Santo compie la promessa che implicitamente era contenuta nelle Parole di Dio al momento della creazione: nonè bene che l’uomo sia solo. È nella comunione con Dio, non nella solitudine, che l’uomo realizza il suo bene;
Accogliere lo Spirito Santo allora non èsemplicementeuna questione di una più o meno profonda religiosità ma la condizione per realizzare in pienezza quella vocazione umana alla comunione che non riusciamo a realizzare con le sole nostre forze. Chiunque ha un po’ di familiarità con i movimenti del proprio cuore conosce fin troppo bene la propria inconsolabile solitudine. Essa si manifesta come fatica a comunicare e a farsi comprendere, anche da parte delle persone più care; oppure come alienazione, oppure ancora come insoddisfazione di fronte a tutte le possibili occasioni di stima, successo, piacere che lasciano il cuore umano vuoto se non ferito e quindi bisognoso di consolazione. Forse è per questo che Gesù ha chiamato lo Spirito Santo “il consolatore”. Egli – dice Gesù – resterà con voi sempre. Non semplicemente per questa vita, bensì per sempre. Lo Spirito cioè si unisce a noi con un legame così indissolubile e intimo che nemmeno la morte potrà interrompere. Di fatto, essendo per sempre, questo legame eternizza ogni dettaglio della vita che sia vissuto nell’amore.
Accogliere questo dono resterà una sfida per ognuno di noi perché, per natura, noi siamo portati a trascurare proprio quell’interiorità che invece Gesù indica come la dimora di Dio. Noi cerchiamo piuttosto di colmare la nostra solitudine in molteplici interazioni che però restanosuperficiali, fondamentalmente interessate o di facciata; queste interazioni sono facili da gestire ma anche facili da interrompere. Alternativamente ci perdiamo in molteplici attività pure esteriori, che rendendoci “produttivi” danno l’illusione di colmare il nostro vuoto interiore ma proprio per questo possono accecarci circa il fatto che stiamo perdendo la competenza fondamentale del nostro cuore che è quella di essere creature amanti: creature capaci di attenzione agli altri, di cura ed accoglienza, di tenerezza e compassione, di comunione al contempo libera e indissolubile… che sa perdonare e dura per sempre.Gesù ci invita ad attendere il dono dello Spirito e quindi a pregare per esso. Solo se mi amate – dice Gesù – sarete capaci di osservare il mio comandamento, cioèdi vivere una vita che rifletta tutta la bontà e la bellezza del suo Vangelo. Ma per amare, appunto, abbiamo bisogno di attingere alla sorgente dell’amore che non è in noi ma in Dio e che è data dallo stesso Spirito Santo. Poiché questa sorgente è infinitamente al di là di ogni nostra possibilità naturale,è normaleche lo Spirito venga a noi come consolatore, cioè come una forza che non giudica ma illumina, che non umilia maincoraggia. Lo spirito ci aiuta a mortificare – continua Paolo – quella parte di noi che ostinatamente vorrebbe accontentarsi del poco che soddisfa la superficie del nostro cuore e i confini immediati del nostro piccolo io per aprirci niente meno che “alla convivenza regolare con Dio”: io ed il Padre verremo eprenderemo dimora presso di lui. Riscoprire gli spazi infiniti della nostra interioritànon significa cadere nell’intimismo ma disporsi all’aperura ed alla crescita, all’uscita da sé stessi. Non a caso la Pentecoste negli atti è descritta come un evento comunitario e sociale, anzi universale. Il bene a cui lo Spirito conduce ogni uomo è sempre anche il bene comune. La vita che egli dona a ciascunoè anche la vita del mondo. Non a caso il segnoesteriore inconfondibile della sua azioneè quello dell’unita, espressa dal miracolo delle lingue. Non l’uniformità e l’omologazione di chi parla la stessa lingua ma la comunicazione tra persone diverse che riescono ritrovarsi intorno all’unico e comune alfabeto dell’amore che trascende tuttele lingue. Che questo dono possa risuonare davvero come un tuono e un forte vento nel nostro mondocosì marcato dall’incomprensione, dall’individualismo, dall’esclusione di chi non ha voce e finalmente dalla solitudine.
Ciao, p.Luigi, mi sei stato compagno amabilissimo per sette anni a Rebbiò e a Crema. Che il Signore ti abbia…
Mi è piaciuto moltissimo e concentra tutto il senso della vita dell' uomo
L'ho incontrato più volte a Firenze, negli anni prima del sacerdozio, ci siamo scritte delle lettere, sono andata a trovarlo…
Ciao, padre Graziadio. E’ giunta l’ora per te, di riscuotere per l’eternità, il giusto compenso per quel granfe amore che,…
Ciao Santina, perdona il ritardo nel risponderti. Sarebbe bello potersi conoscere. Ti lasciamo qui scritti i contatti in modo da…