Padre Alessio Geraci

A partire dal cuore ……

Questa domenica celebriamo la solennità liturgica dell’Ascensione del Signore, con cui si conclude la vita terrena di Gesù.

Il Vangelo che ci presenta la liturgia questa domenica rappresenta la parte conclusiva del Vangelo di Luca. Gesù presenta tutto ciò che è accaduto come già annunciato dalla Scrittura, facendoci vedere che faceva parte di un piano, il piano di Dio che conduce alla salvezza: il Messia, inviato da Dio,«patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme». Poi Gesù aggiunge una cosa molto importante, rivolgendosi ai suoi discepoli: «di questo voi siete testimoni».

Ed è proprio così: i discepoli hanno vissuto e condiviso con Gesù per tre anni e hanno visto ed ascoltato tutto ciò che il Maestro ha detto e fatto. E solo ciò che si vede e si ascolta può essere annunciato, testimoniato con verità.

Verso Betania, Gesù «mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo». È l’addio di Gesù, e sarebbe normale trovare tristezza negli occhi e nel cuore dei suoi discepoli: il Maestro se ne va, non lo avranno più fisicamente con loro. Ma Luca ci dice che «tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio». È la gioia di sapere che verrà lo Spirito Santo, perché Gesù non è come i nostri politici, che promettono tanto, ma poi una volta eletti non mantengono le promesse. Gesù invece mantiene sempre le sue promesse! La loro gioia è la gioia di sapersi inviati, «rivestiti di potenza dall’alto», per predicare «a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati», nel nome del Maestro. È la gioia di sapere che a loro è affidata la costruzione di un mondo migliore, un mondo “nuovo”, più umano e fraterno, qui e ora. E in loro anche a noi. Pertanto, noi, peccatori perdonati, chiamati per nome, amati ed inviati con la potenza dello Spirito Santo, continuiamo l’opera di Gesù.

I discepoli sono stati mandati a predicare nel nome di Gesù, la conversione e il perdono dei peccati: e noi, discepoli missionari del 2022, predichiamo la conversione e il perdono dei peccati, o predichiamo i castighi e l’ira del dio che temiamo ma che non amiamo?

Dalle nostre labbra, come annunciatori del Dio della Vita, escono parole di speranza, conforto, incoraggiamento, forza, vita, parole che portino alla sincera conversione personale e comunitaria, o piuttosto esconoparole che infondono paura, che confondono, che ingannano, e che inevitabilmente allontanano le persone dal Dio della vita?

Un’altra domanda interessante per la nostra riflessione di questa domenica potrebbe essere questa: i discepoli sono stati mandati ad annunciare la conversione e il perdono dei peccati a tutti i popoli… e noi oggi, discepoli missionari del 2022, andiamo davvero verso tutti i popoli? Che non significa necessariamente prendere un aereo o una nave ed andare lontano, ma concretamente significa non escludere nessuno, essere una Chiesa inclusiva, perché l’amore di Dio include sempre tutti e non esclude mai nessuno. Vale quindi la pena chiedersi, se il nostro modo di essere Chiesa oggi, di essere comunità cristiane che vivono e condividono la fede, ci porta ad andare verso tutti, a rivolgerci davvero a tutti, a non escludere proprio nessuno, proprio come fa una mamma, che accoglie tutti i suoi figli e li ama con tenerezza e amore infinito. Dobbiamo ripensare il nostro modo di essere Chiesa se ci rendiamo conto che non parte da ciò che ci dice il Vangelo e che Gesù con la sua vita ci ha manifestato concretamente.

Nella prima lettura, san Luca ci mostra all’inizio degli Atti degli apostoli, il racconto dell’Ascensione, dandoci altre sfumature. Ci dice infatti che quando si compie questa scena, il Risorto era a tavola con i suoi discepoli. E durante questo momento “conviviale”, Gesù istruisce per l’ultima volta i suoi amici più cari, gli apostoli. Si insiste ancora una volta qui sulla promessa dello Spirito Santo, ma c’è un dettaglio interessante: è lo Spirito Santo che li rende (e ci rende!) testimoni. La promessa di Gesù diventa più concreta: «riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra».

Ancora una volta appare qui il carattere universale di quest’ invio missionario: essere testimoni di Gesù non è qualcosa che può essere limitato a un paese, a un popolo, a un gruppo, ma è per tutti perché tutti devono conoscere e sperimentare la bellezza dell’amore salvifico di Dio. L’invio, quindi, è per andare fino agli estremi confini della terra con la potenza dello Spirito Santo, per testimoniare ed annunciare con gioia e passione ciò che abbiamo vissuto, le meraviglie che Dio ha operato e continua ad operare in noi e attraverso di noi.

La salvezza è per tutti, non solo per alcuni, come spesso pensiamo erroneamente (e facciamo credere agli altri). L’amore di Dio è per tutti, comprese quelle persone che la società e le convenzioni sociali hanno già dichiarato preventivamente escluse.

Questa domenica si chiude la settimana “ LaudatoSi’ ”, che era cominciata domenica scorsa e che nel ricordare e celebrare il settimo anniversario della pubblicazione dell’enciclica di papa Francesco, ha proposto in tutto il mondo centinaia di eventi e occasioni per riflettere insieme come famiglia umana, per vivere in pienezza ciò che chiede il nostro papa per salvaguardare l’integrità del creato. Se ancora non hai letto, caro fratello, cara sorella, l’enciclica di papa Francesco, questa è l’occasione giusta, non solo per leggerla, ma soprattutto per metterla in pratica, quotidianamente nella tua vita.

Questa domenica celebriamo anche la 56ª giornata mondiale delle comunicazioni sociali, il cui tema quest’anno è «Ascoltare con l’orecchio del cuore».

Ci lasciamo accompagnare e provocare da tre frasi del messaggio che papa Francesco ha preparato per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali di quest’anno:

«Nell’azione pastorale, l’opera più importante è “l’apostolato dell’orecchio”. Ascoltare, prima di parlare, come esorta l’apostolo Giacomo: “Ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare” (1,19). Dare gratuitamente un po’ del proprio tempo per ascoltare le persone è il primo gesto di carità».

«È stato da poco avviato un processo sinodale. Preghiamo perché sia una grande occasione di ascolto reciproco. La comunione, infatti, non è il risultato di strategie e programmi, ma si edifica nell’ascolto reciproco tra fratelli e sorelle. Come in un coro, l’unità non richiede l’uniformità, la monotonia, ma la pluralità e varietà delle voci, la polifonia. Allo stesso tempo, ogni voce del coro canta ascoltando le altre voci e in relazione all’armonia dell’insieme. Questa armonia è ideata dal compositore, ma la sua realizzazione dipende dalla sinfonia di tutte e singole le voci».

«Consapevoli di partecipare a una comunione che ci precede e ci include, possiamo riscoprire una Chiesa sinfonica, in cui ognuno può cantare con la propria voce accogliendo come dono quelle degli altri, per manifestare l’armonia di tutto ciò che lo Spirito Santo compone».

Buona domenica!

Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci