Padre Alessio Geraci
A partire dal cuore ……
Nella prima lettura di questa quinta domenica del tempo pasquale, san Luca nel libro degli Atti degli Apostoli, racconta alcune azioni di Paolo e Barnaba, nei loro viaggi missionari. In primo luogo, incoraggiavano i credenti e li esortavano a perseverare nella fede. E allora, all’inizio della nostra riflessione, vale la pena chiedersi se noi oggi, discepoli missionari del 2022, incoraggiamo o scoraggiamo gli altri credenti:vale la pena chiedersi se noi oggi, con il nostro esempio, con il nostro stile di vita, con la nostra testimonianza… aiutiamo gli altri a perseverare nella fede, o piuttosto a causa delle nostre incoerenze, e spesso della nostra “contro testimonianza” causiamo l’allontanamento degli altri dalla Chiesa, da tutto ciò che è legato a Dio e alla vita comunitaria? Perseverare nella fede per me significa anche conoscere la nostra fede, non accontentarsi di una conoscenza superficiale ma sapere, come direbbe san Pietro, dare ragione della nostra speranza, della nostra fede a chi la chiede. Ma se oggi ci chiedessero qualcosa sulla nostra fede… saremmo in grado di rispondere senza paura e con buoni argomenti?
Un’azione che considero molto importante che Paolo e Barnaba fanno e che san Luca ci racconta, è quella che fecero arrivando ad Antiochia. Riunirono la chiesa e condivisero con loro le meraviglie che Dio aveva operato attraverso di loro. La considero un’azione molto importante perché rende molto chiaro che il protagonista di tutto è Dio. È Lui che opera le meraviglie, in particolare, per aprire la porta della fede ai pagani. Gli apostoli non sono i protagonisti. I missionari non sono i protagonisti della missione: è sempre Dio l’attore principale, il protagonista, il motore di tutto. Questo deve essere ben chiaro perché altrimenti c’è un grande rischio di vanagloria. Paolo e Barnaba non raccontano quanto siano state grandi le loro imprese, ma con umiltà raccontano la grandezza di Dio. Così anche noi siamo chiamati a condividere con gli altri le meraviglie che Dio ha operato e continua ad operare in noi e attraverso di noi.
Ed è anche ciò che il Salmo di questa domenica ci invita a fare: far conoscere agli uomini le opere del Signore perché tutte le creature rendano grazie a Dio, e proclamino la gloria del suo regno, in eterno. E tutto si basa sull’aver sperimentato chi e come è Dio: «Misericordioso e pietoso è il Signore,lento all’ira e grande nell’amore. Buono è il Signore verso tutti,la sua tenerezza si espande su tutte le creature».
Il libro dell’Apocalisse ci mostra ancora una volta un cammino di speranza. Va ricordato che questo libro, che è l’ultimo contenuto della Bibbia, non è un libro a cui ci si deve avvicinare con paura e timore, ma anzi, al contrario, è un libro pieno di speranza. Infatti, la visione che ci viene raccontata dall’autore del libro dell’Apocalisse, ci riempie di speranza: «un nuovo cielo e una nuova terra». In questo tempo di pandemia, in questo triste e folle tempo di guerre, in questo tempo segnato dall’incertezza a livello politico, sociale ed economico, oggi abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso, qualcosa di cui possiamo fidarci. Sì, abbiamo bisogno di novità, abbiamo bisogno di speranza. Le ragioni di speranza offerte da questo testo dell’apocalisse sono molteplici: la voce, per esempio, una voce potente dal trono che annuncia che la dimora di Dio sarà tra gli uomini. Noi, infatti, non crediamo in un Dio lontano, irraggiungibile, che vive e abita nei cieli e da lì osserva tutto, ma un Dio che ha accampato la sua tenda, ha messo la sua dimora in mezzo a noi. La voce ci dà un altro motivo di speranza: Dio asciugherà le lacrime dagli occhi del suo popolo. E a volte motivi per piangere, ne abbiamo fin troppi. Ma non troviamo mai nessuno che si avvicina, che si preoccupa, che asciuga le lacrime che bruciano le nostre guance. Ma tutto questo appartiene al passato:come dice la voce… «non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno,perché le cose di prima sono passate». L’ultimo, ma non meno importante, motivo di speranza è rappresentato dalle parole di chi è seduto sul trono: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose».Sì, abbiamo bisogno di essere rinnovati da Dio… abbiamo bisogno di essere trasformati, guariti da colui che ci ama con un amore unico e speciale. Lasciamo dunque che Lui faccia nuove tutte le cose, a cominciare dalla nostra vita, e collaboriamo con Lui perché questo si realizzi.
E se la nostra vita deve essere davvero qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo, con nuove strade da aprire e da percorrere, dobbiamo vivere ciò che Gesù ci dice nel Vangelo di questa domenica. L’evangelista Giovanni ci racconta alcune parole pronunciate da Gesù durante l’Ultima Cena con i suoi discepoli, dopo il tradimento di Giuda. Gesù ci dà un comandamento nuovo, ma così facendo non vuole abolire i comandamenti già esistenti. Ma vuole donare un nuovo modo di comprenderli.
Il comandamento che Gesù dà ai suoi discepoli di ieri, di oggi e di domani è «che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri».Non è più sufficiente quindi amarsi l’un l’altro. Ma dobbiamo andare molto oltre: amarci gli uni gli altri con lo stesso amore con cui Gesù ci ha amati, ci ama e ci amerà sempre. E davvero, se mettessimo in pratica questo comandamento nuovo che il Maestro ci dà, non avremmo più problemi di corruzione, di violenze di genere, di femminicidi, di violenze indiscriminate, di crimini vari, di ingiustizie; non avremmo più situazioni che ci impediscano di essere liberi, e di esserlo sempre. Perché l’amore con cui Gesù ci ha amati è un amore che include. Però molte volte il nostro amore è escludente. L’amore con cui Gesù ci ama è capace di perdonare tutto… però molte volte il nostro amore è capace solo di rinfacciare gli errori con tutto il veleno possibile. L’amore con cui Gesù ci ama è puro, autentico, spontaneo, vero, reale… e tante volte il nostro amore è un amore di“facciata”, un amore quasi “obbligato”,da “contratto”. L’amore con cui Gesù ci ama non chiede nulla in cambio… molte volte il nostro amore è condizionato alle azioni e alle parole dell’altro. Gesù ci dice anche che ci riconosceranno come suoi discepoli proprio da quest’amore che avremo gli uni gli altri e che viene da Lui. Non ci riconosceranno quindi come suoi discepoli se costruiremo grandi ed importanti basiliche o santuari nel suo nome. Non ci riconosceranno come cristiani per la croce che portiamo al collo, per il rosario che abbiamo appeso nella nostra stanza o nella nostra macchina, per la Bibbia che abbiamo sulle nostre scrivanie (ma che non apriamo mai per paura di sporcarla!), per i nostri pellegrinaggi ai vari santuari mariani, per la nostra presenza quotidiana o domenicale alla Messa. Ci riconosceranno come cristiani, come discepoli missionari, se ci ameremo come ci ama Lui, se i nostri gesti, le nostre azioni, le nostre parole saranno un riflesso dell’amore infinito, immenso, unico e speciale per tutta l’umanità. Se ascolteremo e vivremo il Vangelo, metteremo in pratica la rivoluzione d’amore che Gesù di Nazaret, il Cristo, è venuto a proporci.
Buona domenica!
Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci
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Mi è piaciuto moltissimo e concentra tutto il senso della vita dell' uomo
L'ho incontrato più volte a Firenze, negli anni prima del sacerdozio, ci siamo scritte delle lettere, sono andata a trovarlo…
Ciao, padre Graziadio. E’ giunta l’ora per te, di riscuotere per l’eternità, il giusto compenso per quel granfe amore che,…
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