Padre Tonino Falaguasta Nyabenda

 

Siamo sempre nel Tempo Pasquale, quel tempo di 50 giorni che intercorre tra la Pasqua e la Pentecoste. Si può pensare, per analogia, al tempo trascorso da Mosè sul Monte Sinai per ricevere la Torah (= la legge). Questa Legge è specificata dai dieci Comandamenti (o dieci Parole).

Anche nel libro della Genesi si racconta che Dio ha creato il Mondo pronunciando dieci parole (meglio Dio pronunciò 10 volte la parola: “disse”. Genesi 1, 3; 1, 6; 1, 9; ecc.).

Leggiamo anche il Vangelo di oggi. Gesù ci dona un solo Comandamento, quello dell’Amore. “Vi do un comandamento nuovo – ha detto Gesù: – che vi amiate gli uni gli altri; come io ho amato voi” (Giovanni 13, 34). Siamo nella Nuova Alleanza. Nella Nuova Alleanza Dio non ha più bisogno di pronunciare dieci parole, come agli inizi del Mondo. Una sola basta e questa parola riguarda l’essenza della vita umana: cioè l’amore. Il nome di Dio infatti, nella Nuova Alleanza, è appunto questo: Dio è amore (1 Giovanni 4, 8).

Cerchiamo di riflettere sull’Alleanza e su quella Nuova in modo particolare. Dice il biblista francese Pierre Grelot che Dio vuole condurre gli uomini ad una vita di comunione con Lui. E’ questa l’idea fondamentale per capire la dottrina della salvezza. L’alleanza poi esprime questa realtà. Il Vecchio Testamento è pervaso da questa idea fondamentale. Nel Nuovo inoltre il mistero di Gesù Cristo è il contenuto della Nuova Alleanza. Ed è qualcosa di straordinario.

Facciamo un passo indietro. Andiamo a vedere come gli specialisti ebrei hanno tradotto in greco dall’ebraico il termine Alleanza, nel terzo secolo prima di Cristo, ad Alessandria d’Egitto (producendo la Bibbia che si chiama dei SETTANTA). Alleanza in ebraico si dice “berìt” e per la traduzione greca è stato scelto il termine “diatheke” che propriamente significa “testamento”. Con questo vocabolo, i traduttori hanno voluto sottolineare la trascendenza di Dio e la condiscendenza divina nei riguardi del popolo di Israele e della sua Legge.

Ma passiamo al Nuovo Testamento. I quattro Vangeli, raccontando l’Ultima Cena, utilizzano la parola “diatheke”. Si tratta del pane e del vino che Gesù benedice e distribuisce: è il corpo e il sangue del Signore Gesù. Nel Vangelo di Marco si dice del vino: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’Alleanza, che sarà sparso per una moltitudine” (Marco 14, 24). Gesù si considera pertanto come il servo sofferente di cui parla Isaia (Isaia 53, 11-12) ed egli intende la sua morte come un sacrificio espiatorio (Isaia 53, 10). Il Cristo diventa allora il Mediatore della nuova Alleanza. Sappiamo che la prima era stata conclusa nel sangue (Esodo 24, 8). Ma ora i sacrifici di animali sono stati sostituiti con il sangue di una vittima infinitamente superiore, il Cristo, vero Agnello Pasquale.

Il sacrificio di Cristo pertanto realizza efficacemente l’unione definitiva tra Dio e l’umanità. La morte di Cristo, che è nello stesso tempo sacrificio pasquale, sacrificio della Nuova Alleanza, sacrificio espiatorio, porta a compimento tutto ciò che era previsto nell’Antico Testamento. Questo atto (= la morte di Cristo) è presente in un gesto rituale, l’Eucaristia (= la Messa), che Gesù stesso ordina di ripetere in sua memoria (1 Corinzi 11, 25) e farà sì che in questo modo i fedeli siano uniti fortemente al mistero della Nuova Alleanza.

In virtù di questa partecipazione nella fede, i cuori umani saranno cambiati, da cuori di pietra diventeranno cuori di carne (Ezechiele 36, 26) per mezzo dell’azione dello Spirito di Cristo. Ora a questi discepoli, che per mezzo dello Spirito di Cristo, possono superare il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro, viene dato il comandamento unico, quello dell’amore. Possono davvero riceverlo e viverlo.

Gesù dà un “comando nuovo” (Giovanni 13, 34). Ma questo comando è un dono che Gesù lascia ai suoi ed è la sua stessa vita. Co-mandare significa alla lettera: “Mandare insieme”. Da sempre Dio ha dato questo comando, cioè di camminare insieme verso la felicità. Per questo ad Adamo è stata donata Eva (Genesi 2, 16-24).

Ora Gesù ci dona di vivere del suo amore. Quando Egli ha dato il boccone a Giuda e ha lavato i piedi a Pietro, ha fatto esattamente quello che ora comanda a noi di fare: cioè di vivere del suo amore.

Gesù ci dà un comandamento nuovo. Non si tratta di un’imposizione, ma di un dono che ci fa per vivere la nostra vita di figli e figlie di Dio. Sia ben chiaro: non siamo noi che prendiamo l’iniziativa, come ha detto Pietro: “Porrò la mia vita per te” (Giovanni 13, 37). Anche se sacrificare la vita è l’apice della generosità umana. Ma questo è un atteggiamento perverso: noi vogliamo occupare il posto di Dio. Nel Vangelo si dice il contrario: non è l’uomo che si sacrifica per Dio. E’ Dio che si sacrifica per l’uomo. E Gesù lo ha provato. Anche Pietro, nel suo rinnegamento, capirà che il Signore lo ama gratuitamente. Infatti, perdonato, capirà e conoscerà chi è il Signore (Giovanni 21, 15-19). Gesù ci comanda poi di amarci gli uni gli altri, come Lui stesso ci ha amati (Giovanni 13, 34). Ecco il commento del discepolo Giovanni: “Se uno dicesse: io amo Dio e odiasse il suo fratello, è un mentitore” (1 Giovanni 4, 20).

E l’amore che Gesù ci comanda non deve avere limiti. Anzi è grazie a questo amore che rende l’umanità come una sola famiglia. Allora, fatti uno, vivendo come una sola famiglia, possiamo convincere il Mondo delle meraviglie compiute da Gesù per la nostra salvezza e quindi di accettarlo come nostro Signore e Salvatore.

San Daniele Comboni (1831-1881) ha sempre chiesto ai suoi Missionari una fede in Gesù senza esitazioni e una vita integerrima. Così scriveva al canonico Giuseppe Ortalda da Scellal (Nubia in Sudan), l’8 gennaio 1866: “Vorrei avere a mia disposizione cento lingue e cento cuori per raccomandare la povera Africa, che è la parte del Mondo meno nota, e più abbandonata… Mi riverisca quelle care anime di don Bosco e del canonico Anglesio e dica loro che si affrettino ad educare bravi giovani, usi ad accettare ogni sorta di sacrificio: tali devono essere gli apostoli di cui l’Africa ha bisogno”.

P. Tonino Falaguasta Nyabenda