Padre Alessio Geraci
A partire dal cuore ……
Abbiamo iniziato con il Mercoledì delle Ceneri il tempo liturgico della Quaresima, e oggi, in questa prima domenica di Quaresima, le letture della liturgia ci aiutano ad avere sempre più fiducia in Dio. Nella prima lettura, nel libro del Deuteronomio Mosè ricorda ciò che ha fatto Dio verso il suo popolo. La storia che Mosè condivide con il suo popolo è ben nota: un piccolo gruppo di Israeliti si stabilì in Egitto e poi divenne una nazione grande e forte, suscitando la paura del Faraone che decise di imporre loro una forte schiavitù. Il grido di quegli Israeliti oppressi e maltrattati in terra d’Egitto non lasciò indifferente Dio, che vide la loro situazione di tristezza e dolore, udì il loro grido e decise di agire, portandoli con grandi prodigi, fuori dalla schiavitù d’Egitto, e conducendoli verso una nuova terra, la terra promessa. Ciò che ha fatto per il popolo di Israele, Dio lo fa costantemente con ognuno di noi: sente il nostro pianto, le nostre lamentele di dolore e di angoscia, vede con il cuore la nostra situazione di oppressione e impotenza di fronte a tante ingiustizie subite, vede che ormai siamo al limite e non ce la facciamo più a reggere, e decide di agire. Perché Dio vede i bisogni degli uomini e si rende presente in tanti e vari modi… ma molte volte non riusciamo a riconoscerlo. Le lacrime umane sono anche le lacrime di Dio, il sorriso e la felicità umana sono anche il sorriso e la felicità di Dio… e così Dio si fa presente in quell’amico/a che era con noi nel momento in cui avevamo più bisogno di qualcuno al nostro fianco… è presente in un abbraccio, in una carezza, in un bacio, in un sorriso, in una lacrima condivisa, in una stretta di mano, in un gesto di fiducia, in una risata. Dio è sempre con noi, sempre presente in mezzo a noi perché non ci abbandona mai. Forse siamo noi ad abbandonarlo… ma anche se gli erigiamo muri e barricate, Dio rimane fedele alla sua Parola e non ci abbandona mai!
Dio ha portato il popolo d’Israele fuori dalla schiavitù d’Egitto; e a te, da che cosa o da chi ti ha tratto fuori il Signore? Qual è stato il tuo Egitto?
Il Salmo di questa domenica ci aiuta a capire che il nostro Dio è un Dio che era, è, e sarà sempre con noi soprattutto nel tempo della tribolazione e dell’angoscia, e ancor più in questo triste tempo di guerra e di pandemia. Tutti possono abbandonarci, tutti possono andarsene, e lo sperimentiamo nella nostra vita, ma Dio no, Lui sarà sempre con noi. Perciò, unendo la nostra voce a quella del salmista, anche noi possiamo dire con fede: «Io dico al Signore: Mio rifugio e mia fortezza, mio Dio in cui confido».
San Paolo scrivendo ai Romani, nel frammento della sua lettera che la liturgia ci propone questa domenica come seconda lettura, ci ricorda che, se con il cuore crediamo, allora con le labbra dobbiamo annunciare e proclamare. Possiamo chiederci allora in questa domenica…che cosa dobbiamo proclamare e annunciare? Che Gesù è il Signore, il Signore della mia vita, della tua vita, della nostra vita! Lui è il Signore della storia. Quindi la domanda di oggi è: le nostre labbra annunciano le meraviglie che Dio ha operato per noi? Le nostre labbra proclamano che Gesù è l’unico signore della nostra vita? E soprattutto, tutto questo noi lo crediamo con il cuore?
All’inizio di questa Quaresima, il Vangelo di questa domenica ci porta all’inizio del capitolo quattro di Luca, nella scena immediatamente successiva a quella del Battesimo di Gesù nel Giordano. Possiamo vedere oggi che Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto. Dopo 40 giorni di permanenza nel deserto, e di digiuno, ha fame. E questo ci mostra una cosa importante su Gesù: la sua umanità, visto che come qualsiasi altro essere umano, dopo aver digiunato, ha fame.
L’esperienza centrale nella vita di Gesù, che apre la sua vita pubblica e inizia la sua missione itinerante come instancabile predicatore del Regno di Dio, è il suo sentirsi figlio amatissimo di Dio. Un’esperienza talmente bella, forte e speciale che cercherà di sfruttarla anche il diavolo: la più grande tentazione alla quale Gesù viene sottoposto dal diavolo è proprio quella di dubitare di questa meravigliosa Parola che il Padre gli rivolge: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto». Infatti, il tentatore, gli insinua per due volte il dubbio nel cuore: «Se tu sei Figlio di Dio», cercando di fargli vacillare le sue intime certezze, quasi a dirgli “ma davvero tu sei figlio di Dio?”, ma davvero tu credi questo?”. Sappiamo bene con quali “armi” risponde Gesù alle provocazioni del diavolo: la Parola di Dio, la preghiera, la fede. Sono le stesse armi che dobbiamo utilizzare noi ogniqualvolta il diavolo viene a farci compagnia per tentarci. Dal resto le tentazioni non sono altro che occasioni che crea il diavolo per cambiare la direzione del nostro cammino, il cammino che conduce alla felicità e alla vita piena. Dio ci propone camminare su sentieri di felicità, di amore, di giustizia, pace, comprensione, fraternità, di solidarietà condivisa. Le tentazioni provano a sviarci da questo cammino, proponendoci un cammino diverso, più gradevole ai nostri occhi, più “appetitoso”, un cammino però che ci allontana da Dio e che ci fa perdere. Se noi camminiamo in direzione “ostinata e contraria” come direbbe Fabrizio de Andrè, sulla via del bene, costruendo ogni giorno fraternità e solidarietà, il diavolo con le sue seduzioni cerca di farci cambiare cammino, ingannandoci, fornendoci convincenti giustificazioni che ciò che faremo o che abbiamo fatto non è sbagliato, che lo fanno tutti, che una volta sola non è peccato, che Dio vuole solo allontanarci dalla felicità perché è invidioso, etc. Ma l’esperienza di Gesù, che trionfa sulle tentazioni del male, è anche la nostra, quando rimaniamo «ben radicati e fondati in Lui, saldi nella fede» (Col 2, 7), riconoscendoci soprattutto come figli del Dio della Vita; figli di un Dio che è Padre-Madre di tutta l’umanità, che vuole da sempre e per sempre solo una cosa: la nostra felicità.
Il tentatore conosce molto bene i bisogni, le necessità, le fragilità umane ed è proprio lì che cerca di fare cadere i figli di Dio. Gesù ha fame, e il tentatore gli chiede di trasformare le pietre in pane. Ma Gesù non cade davanti alla tentazione del sensazionalismo, del miracolo ad ogni costo, perché….non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. E Dio aveva appena rivelato che Gesù era suo figlio, l’amato. Gesù, non trasforma le pietre in pane ma sarà lui stesso pane spezzato per tutti.
Nella seconda tentazione il tentatore gli offre il potere, l’onore e la gloria, in cambio di un semplice gesto da parte di Gesù: prostrarsi in adorazione. E ancora una volta Gesù si affida alla parola di Dio, per trovare forza e rendere culto solo all’unico Dio vero e non cedere agli idoli: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Nell’ultima tentazione il diavolo dimostra di conoscere la parola di Dio perché la cita, mentre cerca di sedurre ancora una volta a Gesù con il sensazionalismo, volendolo fare diventare un Messia apprezzato e seguito perché fa miracoli ed opere sensazionali. Ma ancora una volta Gesù utilizza la parola di Dio per non cadere: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
La Parola di Dio, la preghiera, la profonda e totale fiducia in Dio, queste sono le armi per battere il nemico che cerca di farci cadere. All’attuale tentazione diabolica della guerra rispondiamo con fede, speranza ed amore con la Parola di Dio: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9).
Credo che per noi oggi una grande tentazione sia quella di credere a un dio che in realtà non è il nostro Dio. Ci spacciano come nostro, il dio cattivo e noioso che come un arbitro severo, fischiava tutti i “perché”, della canzone «Silvia lo sai?» di Luca Carboni…un dio con cui molte generazioni di figli/e di Dio sono cresciuti, un dio da temere ma impossibile da amare perché risultava impiccione, presuntuoso, arrogante, perfettino ed irraggiungibile. Ma il nostro Dio non è il dio violento e castigatore, stile “sceriffo americano” dei telefilm che hanno caratterizzato la nostra infanzia…non è il dio che controlla tutto e muove i fili dall’alto, facendo fare la figura di tanti burattini alle sue amate creature. Non è il dio che fa sentire tutti in colpa per ogni cosa. Non è il dio con cui si possa giustificare una guerra, un crimine, o una discriminazione razziale. Non è il dio che vuole continuamente sacrifici per calmare la sua ira…non è il dio che rimane insensibile davanti al pianto, alla sofferenza, al “furto” della dignità ai danni di tutti gli “insignificanti” della terra. Non è il dio che manda terremoti, tsunami, catastrofi, pandemie, virus e pestilenze varie per ammonire o castigare. Ecco, la grande tentazione nella quale possiamo cadere oggi è credere in questo dio che non è il nostro Dio, non è il Dio che Gesù di Nazaret ci presenta, non è il Dio che ci ha creati per amore e con amore a sua immagine e somiglianza. Il nostro Dio è il Dio della Vita, che in Gesù di Nazareth, assume carne e fragilità umana (Gv 1, 14), e vive in piena empatia e solidarietà con il mondo, specialmente quello degli impoveriti. Il Dio di Gesù di Nazareth non era e non è un Dio di pochi e un Dio per pochi eletti ma un Dio che tutti possano chiamare Padre, così come lo faceva Gesù. È un Dio che irrompe nella storia e nella storia umana e personale di ogni uomo e donna di ogni tempo storico e di ogni latitudine geografica. È un Dio “sovversivo” perché inverte l’ordine di importanza: i suoi preferiti sono i poveri, i piccoli, gli indifesi, gli esclusi, i fragili, coloro che la società e la religione legata al tempio aveva con inesorabile ed inappellabile sentenza decretato impuri. È un Dio che dice «misericordia voglio e non sacrifici» (Os 6,6; Mt 9, 13); un Dio che è «venuto a salvare e non a condannare il mondo» (Gv 12, 7). Un Dio paternamente materno e maternamente paterno, che si schiera sempre dalla parte del più debole, del più bisognoso, un Dio che va continuamente al nostro incontro perché è un Dio appassionato, che ama ed agisce con passione, che sorride ogniqualvolta i suoi figli sorridono e piange lacrime amare ogniqualvolta i suoi figli sono immersi e sommersi nella disperazione e nell’angustia. Un Dio onnipotente nell’Amore e nella Misericordia, capace di perdonare sempre e comunque, causando lo scandalo dei benpensanti e moralisti di turno, che ieri come oggi (e domani purtroppo) continuano a chiedere, credere e sperare in un dio violento e vendicativo, giustiziere…un dio a loro immagine e somiglianza.
Buona domenica!
Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci