Padre Alessio Geraci
A partire dal cuore ……
In questa quarta domenica del tempo ordinario, le letture della liturgia ci aiutano ad approfondire la nostra vocazione.
Nella prima lettura il profeta Geremia racconta la propria esperienza, facendoci riflettere su come il Signore ci chiama. Geremia ha ricevuto la parola del Signore in un momento storico ben preciso, al tempo del re Giosia. Anche noi riceviamo la Parola del Signore, in un momento storico ben preciso: l’anno 2022. E le parole che Dio rivolge a Geremia sono le stesse parole che rivolge a ciascuno di noi, battezzati: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato». Sì, questa vocazione profetica è la vocazione di ogni battezzato. Ma molte volte o non lo sappiamo, o lo dimentichiamo o peggio, facciamo finta di non saperlo.
Ogni battezzato mediante l’unzione che ha ricevuto nel giorno del suo battesimo è sacerdote, re e profeta. E come profeta, ha il compito di denunciare ed annunciare, a imitazione di Gesù di Nazaret, il profeta itinerante del Regno di Dio. Denunciando così tutte le situazioni di ingiustizia, sfruttamento, oppressione e repressione, povertà disumana, diritti umani calpestati, come contrarie al piano salvifico di Dio. Annunciando con parole ed opere concrete il Regno di Dio, annunciando la Buona Notizia, che è Gesù di Nazaret, il Cristo, che si è fatto nostro fratello, amico, maestro e compagno nel meraviglioso viaggio che è la vita. E che per la potenza dello Spirito Santo ci rende tutti fratelli e sorelle poiché tutti condividiamo lo stesso Padre, Dio.
Perciò, ascoltando le parole che il Signore ci dona oggi, possiamo rallegrarci perché questa vocazione profetica Dio l’aveva già preparata per noi ancor prima della nostra nascita. Prima di nascere eravamo già consacrati al Signore.
Ecco perché, in virtù del battesimo, ogni laico è già consacrato al Signore!
Consacrato per cosa? La domanda ha diritto di cittadinanza in questa riflessione domenicale.
Consacrati per amare! E mai come in questo tempo di pandemia in cui stiamo assistendo alla globalizzazione dell’odio, del sospetto, delle notizie false e della divisione, l’amore è davvero un atto rivoluzionario.
San Paolo, scrivendo ai Corinzi, nel frammento che la liturgia ci propone questa domenica come seconda lettura, ci offre alcune caratteristiche di questo amore.
L’apostolo Paolo per parlare dell’amore usa nel testo originale in greco, il termine agape. Questa parola greca si riferisce all’amore totalmente libero e disinteressato, che non cerca nulla in cambio, perché l’amore ha nell’amore la sua ricompensa.
È così che Dio ci ama… in modo unico e speciale. È nella stessa maniera dobbiamo amarci gli uni gli altri. Questa parola, agape, è la parola usata dagli autori del Nuovo Testamento per parlare di amore. Perciò Paolo ci dice che l’amore è magnanimo e benevolo, non è invidioso.
Pensando alle nostre relazioni interpersonali…possiamo chiederci con sincerità, come stiamo amando. Siamo pazienti con il nostro prossimo? O per ogni piccola contrarietà, “prendiamo fuoco”? Siamo invidiosi o sappiamo come valorizzare bene noi stessi e gli altri? Paolo continua: l’amore «non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse». L’egoismo non deve mai avere un posto nelle nostre relazioni interpersonali. Quando amiamo, e in questo tempo di pandemia ce ne accorgiamo maggiormente, la persona amata, la sua salute, la sua vita hanno pieno diritto di cittadinanza nei nostri cuori, e le gioie e i dolori, i sogni e le speranze della persona amata sono anche le nostre gioie, i nostri dolori, i nostri sogni e le nostre speranze.
Paolo ci dice anche che l’amore «non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità». Qui sta il dettaglio: la verità. Amore e verità vanno sempre insieme. Non possiamo dire che amiamo se poi “falsifichiamo” la realtà e viviamo nell’inganno, per non assumerci le nostre responsabilità. Una bugia chiama altre bugie e distrugge l’amore.
Avendo compreso con che tipo di amore Dio ci ama e che è lo stesso con il quale dobbiamo amarci gli uni gli altri, allora possiamo comprendere la prima parte di questa seconda lettura. Senza amore, non siamo nulla. Potremmo avere tutta la ricchezza del mondo, ma se ci manca l’amore, non siamo e non abbiamo nulla. Potremmo avere tutta la conoscenza del mondo, ma senza amore non ci servirebbe a nulla. Potremmo anche distribuire tutti i nostri beni tra i poveri, ma se ci manca l’amore, non ci serve a nulla. L’amore è un elemento fondamentale, la colonna portante della nostra casa, che in questo caso sono le nostre relazioni interpersonali. Se non c’è amore e tutto ciò che questa parola implica, davvero non c’è nulla, solo apparenza, illusione, ipocrisia. Ci sono tre cose che rimangono, ci dice San Paolo alla fine di questa lettura: fede, speranza e amore. Ma la più grande di tutte è l’amore.
E la vita di Gesù è stata intrisa di amore. Domenica scorsa abbiamo visto come nella sinagoga di Nazaret Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico.
Oggi la continuazione di questo testo di Luca ci mostra come Gesù inizia il suo ministero pubblico in mezzo al rifiuto dei suoi stessi concittadini. La prima reazione di chi ha ascoltato Gesù nella sinagoga è di meraviglia «per le parole di grazia che uscivano dalla sua bocca». Gesù infatti, non ha citato la parte dove si parla di vendetta, ha parlato solo di grazia. E loro non capiscono, o non vogliono capire. Di un Dio che perdona, che è pura misericordia, forse non sanno che farsene. Vogliono il Dio castigatore, violento, il Dio che esiste solo nella loro immaginazione. E purtroppo molte volte ci comportiamo anche noi così. Quelle parole di Gesù hanno generato in loro dubbi, stupore ma anche gelosia: «Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao fallo anche qui nella tua patria». I segni prodigiosi che Gesù ha compiuto altrove e in particolare a Cafarnao (cittadina “rivale” di Nazaret), ora la gente si aspetta che li compia anche lì, a Nazaret. A maggior ragione che è la patria di Gesù, la gente li aspetta! Ma Gesù non cade nel loro “tranello” fatto di campanilismo e di possessività, e cita un proverbio popolare “nessuno è profeta nella sua patria”, rievocando l’esempio dei profeti Elia ed Eliseo che agirono in favore di stranieri. In questo modo Gesù sta “profetizzando” due delle situazioni che saranno centrali durante il suo ministero pubblico: l’apertura universale della sua missione, e l’incomprensione e il rifiuto da parte dei suoi. Questo rifiuto si materializza con l’azione di portarlo fuori dalla città, e lo condussero fin sul ciglio del monte, con l’intenzione di gettarlo giù.
Molte volte ci comportiamo così anche noi con Gesù, perché il suo messaggio non ci lascia tranquilli, non ci permette di fare quello che vogliamo, ma ci invita costantemente alla conversione e ad uscire dalla nostra zona di confort per andare incontro agli altri, riconoscendoli come fratelli e sorelle e non come ipotetici nemici o competitori. E allora vogliamo cacciarlo via dalla nostra vita, pensando erroneamente di eliminare alla radice il problema.
Ma Gesù, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Il cammino dell’amore è più forte di tutto, anche delle incomprensioni e delle difficoltà. E oggi il Signore ci chiama a percorrere con Lui questo cammino dell’amore.
Hai il coraggio di seguire questa via d’amore con Gesù?
Buona domenica!
Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci