Padre Luigi Consonni

BATTESIMO DEL SIGNORE – C-  (09/01/2022)

1a Lettura (Is 40,1-5.9-11)

«Consolate, consolate il mio popolo –
dice il vostro Dio.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».

Il popolo è in esilio in Babilonia per aver colpevolmente voltato le spalle all’Alleanza del Sinai. Liberato dalla schiavitù dell’Egitto, attraversato il deserto, entra nella terra promessa ma di nuovo non rispetta l’Alleanza, o meglio, lo spirito della Legge, riferimento e cammino per consolidare a livello sociale e individuale la libertà per amare e la pratica della giustizia.
La missione affidatagli è di organizzare la nuova società, nella quale il diritto e la giustizia declinino la pratica della solidarietà e della responsabilità fraterna, manifestazione della sovranità di Dio; in altre parole, l’“avvento del regno di Dio”. Ma il popolo va in tutt’altra direzione facendo della terra promessa un nuovo Egitto, con molti esclusi dal convivio umano e sociale ed instaurando forme di oppressione, sfruttamento, sottomissione e schiavitù.
Gli eventi fanno sì che l’esercito di Babilonia occupi la terra promessa, saccheggi Gerusalemme, distrugga il tempio e deporti il popolo nella propria terra. È un colpo durissimo e sconcertante per il “popolo eletto”, che riteneva certo che Dio non avrebbe mai permesso che ciò accadesse. È vero che i profeti allertarono e ammonirono riguardo al pericolo incombente dell’invasione, ma orgogliosi della condizione di “popolo eletto” non gli dettero peso: per di più li ignorarono e li osteggiarono duramente, fino a quando, nello sconcerto generale, il peggio si avverò.
La conseguenza fu la deportazione in Babilonia e il precipitare nella desolazione, nello smarrimento e nella tribolazione. La triste condizione arriva alla svolta con l’annuncio del profeta: “Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio – Parlate al cuore di Gerusalemme (…). Ecco il vostro Dio! (…) Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”.
Le parole manifestano la sorprendente portata della compassione e misericordia di Dio verso il suo popolo. La sofferenza di quest’ultimo è anche la sofferenza di Dio, quantunque Egli fosse molto severo. Ecco allora l’esortazione del profeta al cuore di Gerusalemme: “gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio di tutti i suoi peccati”. La tribolazione è conseguenze del peccato e imprime nella coscienza gli effetti della stoltezza, della gravità del loro comportamento auto-distruttivo.
Viene da chiedersi se l’umanità continua oggi nello stesso comportamento. C’è da domandarsi: saranno ascoltati dalle autorità mondiali i profeti che mettono in guardia sulle cause del pericolo economico, sociale, ecologico e culturale cui è esposto il pianeta e l’umanità intera? Saranno accolti e messi in pratica i consigli e gli orientamenti, di persone sagge e competenti, riguardo il corretto uso, intelligente e critico, dei mezzi di comunicazione sociale, per non svilire la qualità dei rapporti interpersonali a favore esclusivo della comunicazione virtuale a servizio delle lobby? La globalizzazione sarà gestita come opportunità per diminuire il divario tra ricchi e poveri, previo il dialogo soddisfacente con risposte intelligenti e appropriate?
Tornando al testo, è la compassione e la misericordia del Signore per un popolo ridotto in schiavitù e in condizioni disumane che lo toglierà dalla situazione irreversibile alla loro volontà. Lo farà per amore, lo stesso per il quale ha stabilito l’Alleanza e promesso assoluta fedeltà ad essa.
Ecco il vostro Dio! (…), egli ha con sé il premio e la ricompensa lo precede”. Il premio consiste nell’instaurazione del regno di Dio che, accolto, suscita dinamiche di crescita a tutti i livelli e di espansione nel coinvolgere tutte le nazioni e l’umanità intera. La “ricompensa che lo precede” è la pace, l’armonia fra i popoli e la piena realizzazione della vita personale e sociale, in modo che le persone e il popolo si integrino nell’identità trasmessa loro dal patrimonio di vita fedele all’Alleanza.
È doveroso da parte del popolo rispondere all’evento, ormai prossimo, accogliendo l’esortazione: “Nel deserto preparate la via del Signore, spianate nella steppa (…)”, in modo che “Allora si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno”. La gloria del Signore è la vita degli uomini, è la piena in sintonia con la sua volontà.
Dio stesso agisce con fermezza e determinazione: “Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio”; potenza e dominio dell’amore, della misericordia, della bontà, del dono di una nuova opportunità riguardo la responsabilità e libertà individuale e sociale.
La salvezza della collettività – dell’umanità – e delle persone da parte dell’azione di Dio è manifesta ed efficace per la collaborazione degli stessi, come si rileva dalla seconda lettura.

Seconda lettura (Tt 2,11-14; 3,4-7)

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati,
non per opere giuste da noi compiute,
ma per la sua misericordia,
con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo,
che Dio ha effuso su di noi in abbondanza
per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro,
affinché, giustificati per la sua grazia,
diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.

Rivolgendosi a Tito, Paolo afferma che “è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”. Con altre parole, è manifesto il dono di Dio nella persona Gesù Cristo, che “ha dato sé stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone”. L’ope
ra di Gesù è il dono di sé stesso da un lato, e il formare un nuovo popolo dall’altro. Sono come le due gambe del cammino nell’accogliere l’avvento del Regno di Dio, della sua sovranità, la cui unica attività è l’amore incondizionato per l’umanità e ogni singola persona, il cui effetto è la salvezza, la vita piena e in abbondanza. A tal fine è evidente che Gesù rappresenta davanti al Padre tutta l’umanità e ogni singola persona, di ogni tempo e di ogni luogo.
La risurrezione per la quale il Gesù storico diventa definitivamente il Cristo – Gesù Cristo – testimonia la bontà e verità della sua opera. Il che avalla la sua filosofia, le sue scelte, il modo di procedere, il suo insegnamento, l’adeguatezza del conflitto con l’andare oltre la Legge in attenzione al contesto, ossia alla circostanza in cui è coinvolto, nell’incentivare la fede primordiale dell’interlocutore (persona o comunità) in modo che accolga l’avvento della sua sovranità, del regno di Dio, in virtù del quale Gesù dice: “la tua fede ti ha salvato”.
Gesù accoglie, ospita, chi ha fiducia in Lui. Nel momento in cui la fiducia si consolida come asse portante della propria esistenza – come lo è stato per Paolo – avviene l’atteso mutamento: l’ospitante Gesù diventa ospite nell’ospitato, ragion per cui Paolo afferma: “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). È sul modello dell’unione dell’amante e dell’amata uniti nell’amore reciproco: io in lei e lei in me. È l’evento della seconda conversione.
Sul piano etico la salvezza “ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà”. Non si tratta dell’acquisizione del merito – la salvezza – come può sembrare a prima vista ma, al contrario, del prendere atto e dare lode la Dio poiché la salvezza è attiva e operosa nella persona, in virtù della fede.
Al riguardo, Paolo afferma che Cristo, per amore agli uomini e per la causa dell’avvento del regno, con la sua vita, morte e risurrezione “ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia”. Ogni uomo che crede in Lui, nel suo amore e nell’effetto da esso prodotto sperimenta il dono della salvezza, della rigenerazione a nuova vita.
Questo è il senso del battesimo al quale Paolo fa riferimento: all’acqua “che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo”. L’accoglienza del dono richiama, immediatamente, il coinvolgimento. Il battesimo è decisivo e importante in tal senso perché è il coinvolgimento che sostiene e motiva un modo di vivere e l’esistenza rigenerata, che Paolo ben specifica: “questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20).
Perciò la trasformazione interiore, e la rigenerazione dell’essere, conformano la rinascita a nuova vita, che va sempre più prendendo il sopravvento sulla nascita dalla carne e dal sangue, fino a porre quest’ultima nella condizione di redenta, purificata e trasformata in modo tale che il corpo umano accolga il divino e lo esprima nell’amore incondizionato nel quale è stato coinvolto, a favore di chi, in condizioni disumane, ne ha bisogno. Si comprende, allora, l’evento della giustificazione che Paolo cita: giustificati e “salvati, non per le opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia”.
Prendere coscienza e praticare la dinamica, e gli effetti del dono, sostiene e motiva l’etica cristiana che insegna il corretto comportamento umano – la morale – “a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà”. Quindi è possibile, nel credente, percepire che le trasformazioni dei rapporti interpersonali e sociali sono atti che rendono visibile la sovranità di Dio, il suo regno.
Non solo, ma la fedeltà etica anche in circostanze avverse, e l’adeguato comportamento, consolidano l’umana certezza che la grazia della giustificazione motiva e sostiene “nella speranza l’eredità della vita eterna”. Essa è, altresì, un anticipo che, in controluce all’amore di Dio, rivela la filigrana del Risorto e l’immensità del mistero, che si svelerà quando Dio si manifesterà “tutto in tutti” (1Cor 15,18).
L’avvento del regno di Dio è lo sfondo e la finalità della missione di Gesù, che inizia con il battesimo nel Giordano.

Vangelo (Lc 3,15-16. 21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Il testo riporta l’inizio dell’attività pastorale di Gesù, che culminerà negli eventi della Settimana Santa. Nella gente era generalizzata e sentita l’attesa del Messia: “il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo – il Messia -”. La storia segnala di persone che si presentavano come Messia, suscitavano adesioni, ma il tutto finiva nel nulla. Si sperava che il Messia ristabilisse il Regno di Israele del tempo di Davide, risalente a circa mille anni prima.
Ebbene, “Giovanni rispose a tutti dicendo: ‘Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di sciogliere i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco’”. Con onestà e sincerità definisce la sua posizione riguardo al Messia.
L’affermazione della sua indegnità non è segno umiltà nei confronti di Gesù, ma il riconoscimento che non è lui che deve fecondare lo sterile Israele – ormai ridotto come un fico con foglie verdi che non produce frutti -. Per quanto riguarda lo “sciogliere i lacci dei sandali”, egli fa riferimento a quanto la legge prescriveva nel caso di una donna vedova e senza figli, sterile come Israele: che fosse fecondata dal cognato; se questi avesse rinunciato, il successivo designato scioglieva il sandalo e, sputatovi sopra, acquisiva il diritto di fecondarla con il nome del defunto.
Significativo è che il Battista evidenzia la differenza fra il suo battesimo e quello di chi annuncia ormai come prossimo, e mette in guardia sul salto qualitativo che avverrà. Probabilmente la portata dell’affermazione non è percepita neanche dallo stesso Giovanni: sarà compresa solo dopo la morte e risurrezione di Gesù.
Per Gesù, essere battezzato è la consegna, è la crocefissione. E il fuoco purificatore è la purezza dell’amore – senza contaminazione – nella pura e totale gratuità, fino all’estremo della consegna. Si tratta dello stesso amore che è risurrezione; l’amore che lo porta alla consegna è lo stesso che lo risuscita. Amore identificato come Spirito Santo, spazio incondizionato dell’accoglienza del peccatore che, per la fede, riceve la redenzione attualizzata dalla consegna di Gesù.
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato” Gesù riceve battesimo, come uno del popolo, come un peccatore comune che desidera riavvicinarsi a Dio. Si pone sullo stesso livello come uno di loro, e poi, nell’attività pastorale, elabora riferimenti e criteri che sconcertano e sconvolgono la teologia e la spiritualità consolidata dalla tradizione, nonché l‘esortazione alla conversione indicando i riferimenti con il discorso della montagna: “fu detto (…) ma io vi dico”. Attua lo stravolgimento stabilizzato sulla tradizione teologica, il che gli costerà la crocifissione.
Con ciò Gesù s’imbatte nel rifiuto, nel disprezzo e nella maledizione. Di conseguenza, carica su di sé il loro peccato – la sfiducia, la svalutazione, l’indifferenza, la superficialità – proprio del cuore indurito – e l’accusa di ateo, di bestemmiatore e il supplizio della croce.
La determinazione e la forza di porsi sullo stesso livello dei peccatori si deve alla “potenza di una vita indistruttibile” (Eb 7,16), propria della fedeltà alla causa del regno di Dio. La solidarietà con i peccatori non essendo peccatore, le conseguenze distruttive del peccato stesso da un lato e la fedeltà alla causa del Regno, ambito della salvezza, dall’altro, stanno alla base del Credo, che recita: “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”.
Gesù nel battesimo riceve l’approvazione del Padre, l’unzione dello Spirito e l’avallo alla missione: “… ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo (…) e venne una voce dal cielo: ‘Tu sei il Figlio amato: in te ho posto il mio compiacimento’”.
Le parole del Padre sono prese dall’inizio del primo cantico del Servo sofferente (primo di quattro cantici molto importanti per capire la missione e il martirio cui andrà incontro Gesù), che consegnerà la propria vita in riscatto del popolo e dell’umanità. Gesù, con tali parole, comprende la portata e l’esito della sua missione.
Come dovrà svolgere la missione, gli ostacoli da vincere e i trabocchetti da evitare che incontrerà lungo il suo cammino, saranno messi in luce dal vangelo delle tentazioni, chiave di lettura di tutta l’attività missionaria di Gesù.