Padre Tonino Falaguasta Nyabenda

La festa dell’Epifania fa parte del ciclo natalizio. Epifania in greco significa manifestazione. Già la festa del Natale celebrava la manifestazione “nella carne” del Figlio di Dio (Giovanni 1, 14). E oggi il Bambino Gesù viene scoperto dai Magi. L’evangelista Matteo ci parla dei Magi, che dall’oriente sono arrivati a Gerusalemme in cerca del Salvatore (Matteo 2, 1-12). Piuttosto che Magi, si tratterebbe di “persone dedite alle arti magiche”. Secondo il Levitico (Levitico 19, 26) era un’attività interdetta.
Per l’evangelista Matteo i Magi hanno la funzione di apparire come degli stranieri o meglio come degli estranei. Ma la nascita di Gesù interessava anche loro. Arrivati a Gerusalemme, non trovarono quello che cercavano nè nella reggia del re Erode, nè nel tempio, il luogo consacrato al culto del Dio unico di Israele. Guidati da una stella, giunsero a Betlemme e là videro il Bambino che cercavano. Che cos’è la stella? L’evangelista si riferisce a Balaam (Numeri 24, 17), un pagano che vide la luce di Israele, la stella di un Dio o di un Re divinizzato. Ma anche la stella, luce nella notte, può essere la ragione umana che guida l’uomo verso verità più alte.

I Magi videro il Bambino con sua madre e, prostrati, lo adorarono (Matteo 2, 19). E’ bello il commento di Papa Francesco: “Adorare il Signore (come fecero i Magi) non è facile…esige una certa maturità spirituale, essendo il punto di arrivo di un cammino interiore, a volte lungo. L’essere umano ha bisogno, sì, di adorare, ma rischia di sbagliare bersaglio; infatti, se non adorerà Dio, adorerà degli idoli… Nella nostra epoca è particolarmente necessario…che dedichiamo più tempo all’adorazione, imparando sempre meglio ad adorare il Signore….Noi non dobbiamo in ogni passo della nostra vita far vedere la tessera delle nostre virtù che abbiamo; con umiltà dobbiamo andare verso il Signore”.

I Magi offrirono dei doni. Il popolo di Israele pensava di essere l’unico abilitato a fare dei doni a Dio. Invece, attraverso questi personaggi che vengono da lontano e esercitano un’arte non permessa dalla Legge di Mosè, indicano che anche i diversi (e gli stranieri) sono bene accetti. L’oro significa la regalità, non più riservata ad un popolo. In effetti Dio è il Dio di tutti e ama tutti. Il suo amore non conosce frontiere. L’incenso è un dono di sacerdoti; ma ora il culto è aperto a tutta l’umanità. La mirra indica l’amore fra gli sposi. Ora Dio in Gesù guarda all’umanità come sua sposa, oggetto della sua attenzione e del suo amore. Finalmente la festa dell’Epifania è il superamento del Dio di un paese, per manifestarci il Dio di tutti gli abitanti del Mondo, presenti, passati e futuri.

San Daniele Comboni (1831-1881) era conscio dell’universalità della salvezza. Per questo si era dato anima e corpo per organizzare la rigenerazione dei popoli dell’Africa Centrale. Così scriveva nelle Regole per i suoi Missionari nel 1871: “Abbiano la mente e il cuore per le misere anime dell’universo e specialmente dell’Africa Centrale, che giacciono nelle tenebre dell’infedeltà, dell’errore e della miseria. In tutte le loro pratiche di pietà si applichino a impetrare la misericordia da parte di Dio”.

P. Tonino Falaguasta Nyabenda