Padre Alessio Geraci

A partire dal cuore ……

Questa terza domenica di Avvento è chiamata la domenica della gioia, perché le letture che ci offre la liturgia ci aiutano ad avere gioia nel cuore.

Nella prima lettura, infatti, vediamo il profeta Sofonia che invita a gridare di gioia, ad esultare ed acclamare di gioia. Quale sarà il motivo di tutta questa gioia? Lo stesso profeta ci dice che «Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia».
Il profeta aggiunge un ulteriore motivo di gioia riportando le parole di Dio verso il suo popolo: «non temere». È davvero un invito molto bello quello che ognuno di noi riceve attraverso le parole del profeta Sofonia: non importa quali siano le tue preoccupazioni, le tue tristezze, le tue angustie, i tuoi problemi…questa parola, “non temere”, oggi Dio la rivolge a te, la pronuncia con amore per te. E allora questo tempo di Avvento diventa anche il tempo per abbandonarci totalmente nelle Sue mani ben sapendo che l’unica cosa che Dio vuole e che “cerca disperatamente” è la nostra piena e totale felicità.

Il salmo di questa domenica riflette l’esperienza del popolo d’Israele, che ha sentito e sperimentato Dio come suo salvatore nel corso della sua storia. E con il salmista anche noi possiamo cantare a pieni polmoni: «Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza».

Nella seconda lettura, san Paolo scrivendo ai Filippesi ci invita alla gioia, ad essere gioiosi nel Signore. È la gioia che nasce dall’incontro personale con il Dio della Vita, perché la gioia del Vangelo, che riempie e riscalda i nostri cuori, è che Dio continua ad essere al nostro fianco, continua a combattere, soffrire, gioire con noi, camminare con noi, nonostante i nostri errori ed orrori… Dio continua ad accompagnarci nel meraviglioso viaggio che è la vita.

Questa gioia allora non è non avere problemi, non è non attraversare momenti di prove o difficoltà, ma è piuttosto avere nel cuore la profonda certezza che anche e soprattutto in presenza di avversità, il Signore non ci abbandona mai, ma al contrario la sua presenza ci dona forza e speranza. Paolo ci esorta e ci chiama a farci conoscere da tutti per la nostra amabilità. Questa domenica possiamo chiederci per quale cosa, per quale aspetto veniamo conosciuti e riconosciuti? Come persone e come comunità di credenti, siamo conosciuti per qualcosa? Per il bene che facciamo, come propone Paolo, o per essere pettegoli, o per essere indifferenti ed insensibili di fronte ai problemi degli altri, specialmente in questa pandemia? O ci conoscono per aver dato una testimonianza negativa della nostra fede, per i nostri vizi e le nostre dipendenze?
Bisogna considerare che molte persone si allontanano dalla Chiesa proprio per la testimonianza degli agenti pastorali, siano essi ministri ordinati o meno, la cui vita, le cui azioni nella vita quotidiana, negano ciò che proclamano con belle omelie o bei documenti, e invalidano la loro testimonianza di fede. Ma allo stesso tempo, va sottolineato che molte persone perseverano nella Chiesa anche grazie alla coraggiosa e preziosa testimonianza di tanti operatori pastorali, la cui vita quotidiana con semplicità e umiltà parla di Dio.
Quindi sta a noi decidere per quale cosa vogliamo essere conosciuti!
Paolo ci dà un altro motivo di gioia: «il Signore è vicino».

E qui arriva la domanda: saremo in grado di riconoscerlo? Come lo stiamo aspettando in quest’Avvento? Se non la riconosciamo, serviamo amiamo nei poveri, negli oppressi, nei malati, negli anziani, negli umiliati, nei migranti, negli emarginati, negli indifesi, questa frase che “il Signore è vicino” non ha senso. Non possiamo produrre nella nostra vita il divorzio tra la fede e la vita quotidiana.
Il Vangelo di Luca continua a presentarci la figura di Giovanni Battista, il precursore. Domenica scorsa abbiamo visto Luca presentare Giovanni come “una voce che grida nel deserto” chiedendo di preparare la via del Signore.
Oggi Luca ci racconta dell’incontro tra Giovanni Battista e tutta una serie di persone che vengono da lui per farsi battezzare e domandano cosa devono fare per cambiare. Sono i pubblicani, i soldati e il popolo in generale. Mi colpisce molto la risposta che Giovanni Battista dà alla gente: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Ci parla quindi di condivisione, e in questo tempo di Avvento sono tante le occasioni che si creano per organizzare eventi per consegnare i “regalini” di Natale ai bambini più poveri e in generale ai settori poveri delle nostre città. A volte per sentirci bene con noi stessi e con la nostra coscienza, condividiamo con i più bisognosi ciò che non usiamo più, o ciò che è rotto, macchiato o ciò che non ci piace. Ma la vera condivisione inizia aprendo il cuore, seguendo questo bellissimo detto che dice “è veramente tuo solo ciò che condividi”.
Il Vangelo mette in evidenza l’umiltà di Giovanni Battista: la gente era in attesa, pensava o forse si aspettava che fosse lui il Messia. Ma Giovanni, con un grande gesto profetico, annuncia al popolo che lui non è il Messia, perché battezza con l’acqua, ma verrà uno dietro a lui, che battezzerà con spirito santo e fuoco, e questi è Gesù, davanti al quale Giovanni non si riconosce degno nemmeno di sciogliere i lacci dei sandali.
Dobbiamo imparare da Giovanni il Battista ad essere più umili, a non cadere nella trappola del “messianismo”, pensare cioè che i salvatori del mondo siamo noi. Occorre invece fare come Giovanni: indicare Gesù presente nel mondo, annunciare Gesù, testimoniare Gesù nel tempo opportuno e in quello meno opportuno, come direbbe San Paolo.

Buona domenica e che la gioia possa trovare eco nella nostra corona di Avvento, accendendo la terza candela, chiedendo in maniera particolare il dono e la grazia dell’umiltà per andare incontro all’Amore che vuole nascere nel nostro cuore.

Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci