Padre Tonino Falaguasta Nyabenda
Ci avviciniamo a grandi passi al tempo dell’Avvento e cioè all’inizio di un altro Anno Liturgico, l’anno C, durante il quale mediteremo il Vangelo di Luca. Il 28 Novembre prossimo celebreremo la prima Domenica di Avvento, un tempo che ci preparerà al Natale. Ma ora stiamo continuando la lettura del Vangelo di Marco e siamo arrivati alle ultime battute, prima degli avvenimenti pasquali. Gesù, dopo la prova massima del suo amore nella Passione e la gloria della Risurrezione, ci lascerà, ma non ci abbandonerà. Basta ascoltare la sua Parola, che è per sempre, e accedere ai Sacramenti, che sono il sostegno della nostra vita e il viatico per il nostro esodo fino all’incontro finale.
Nella Prima lettura e nel Vangelo si parla di una donna, ma non di una donna normale (= sposa e madre), bensì di una vedova. Sia il profeta Elia (IX secolo prima di Cristo), che Gesù hanno a che fare con una donna sola, indifesa e abbandonata.
Nel mondo biblico la vedova rappresenta un caso tipico di sventura. Il profeta Isaia, parlando di Babilonia, che credeva di essere “signora di regni per sempre”, dice: “Ti accadranno queste due cose, d’improvviso in un sol giorno: perdita di figli e vedovanza” (Isaia 47, 9). La vedova pertanto rende manifesto un duplice lutto: perdita della speranza della fecondità e situazione di indifesa, perché non c’è più un marito a proteggerla. La vedova di Sarepta (Libano) è una pagana (= non Israelita), ma nell’incontro con il profeta Elia, riconosce il Dio di Israele, proclama la sua indigenza e la sua estrema povertà. Il Profeta però, strenuo difensore della fede di Israele contro la regina Gezabele e i suoi profeti, la rassicura e le promette l’assistenza del vero Dio per lei e la sua famiglia, se compie un gesto di carità, preparando una focaccia per il Profeta affamato: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà!” (1Re 17, 14).
Gesù nel Tempio di Gerusalemme insegnava con solennità. E condannava le autorità (Sacerdoti e Scribi), padrone del Tempio, ma lontani dal vero Dio. L’istituzione religiosa, nel rimprovero del Signore, è diventata strumento di dominio e di aumento di ricchezza: “Ne avete fatto una spelonca di ladri!” della casa di preghiera a YHWH (Marco 11, 17). E’ una tentazione sempre presente nella storia della Chiesa. La struttura della Chiesa a volte si pensa come la “padrona” della religiosità e si atteggia come gli antichi scribi, di cui si parla nel Vangelo di oggi: “Amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti…” (Marco 12, 39).
La Scrittura invece parla della Chiesa come di un mistero, di un popolo ancora peccatore, ma che già possiede il pegno della salvezza, perché è l’estensione del Corpo di Cristo. Gesù allora, insegnando nel Tempio di Gerusalemme, che era una costruzione molto vasta (500 metri per 350, comprendente cortili, porticati, sale varie…), si reca nella sala del tesoro e si siede per osservare il comportamento della gente che veniva per fare le loro offerte. Questa sala si chiamava il “gazofilacio” (= custodia del tesoro). C’erano tredici bocche a forma di becco d’aquila, nelle quali venivano gettate le monete delle offerte. Ma prima queste venivano esaminate da un sacerdote che proclamava la loro “purezza” (cioè prive di immagini antropomorfe, severamente proibite in Israele, come per il mondo musulmano oggi). Nel “gazofilacio” venivano raccolte le offerte, ma anche esso faceva funzione di banca per la custodia dei tesori delle famiglie particolari. Con l’andar del tempo, questa istituzione è divenuta la Banca più ricca del Medio Oriente. Non per niente i vari condottieri vi facevano l’occhiolino come Alessandro Magno (IV secolo prima di Cristo), il re Antioco Epifane (II secolo prima di Cristo), Pompeo (nel 63 prima di Cristo) e soprattutto Vespasiano, mandato dall’imperatore Nerone a domare la ribellione giudaica del 66 dopo Cristo. Vespasiano, proclamato imperatore nel 69, ha lasciato il posto a suo figlio Tito, che, una volta conquistata Gerusalemme, si è preoccupato di svuotare completamente il “gazofilacio”. Secondo Alberto Angela (59 anni), celebre divulgatore italiano, il tesoro, rubato a Gerusalemme, è servito a Vespasiano per costruire il Colosseo a Roma, il primo vero stadio al Mondo, inaugurato nell’anno 80 dopo Cristo dal figlio Tito. E lo vediamo ancora oggi!
Ma l’insegnamento di Gesù va in un’altra direzione. La povera vedova si avvicina anche lei per fare la sua offerta. “Gettò due spiccioli che fanno un quadrante” (Marco 12, 42). Il quadrante (3 grammi di bronzo!) è la quarta parte di un denaro, la paga giornaliera di un operaio. Il cieco di Gerico era un mendicante, chiedeva l’elemosina. Questa “povera vedova” non chiede nulla, ma dà tutto quello che possiede per amore di Dio e fiduciosa nella sua Provvidenza. Il fatto è talmente forte che Gesù chiama i suoi discepoli per dar loro una lezione fondamentale. “Amen, vi dico” (Marco 12, 43): è un’affermazione importante, perchè il Rabbi di Nazareth parla a nome di Dio. “Questa povera vedova – ha esclamato Gesù – ha gettato più di tutti. Tutti hanno gettato del loro superfluo. Ma costei, dalla sua miseria, ha gettato tutto quanto aveva, tutta intera la sua vita!” (Marco 12, 43-44). Questa povera vedova è addirittura immagine del Cristo, che si è fatto ultimo di tutti, e ha messo la sua vita in riscatto per l’umanità intera (Marco 10, 45). Dice l‘Apostolo Paolo: “Da ricco che era, (Gesù) si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Corinzi 8, 9). La povera vedova del Vangelo dà tutto per il Tempio, che sarà distrutto,secondo la profezia di Gesù (Marco 13, 2). In realtà il Tempio, quello vero, è Gesù. Ed Egli interpreta il gesto di quella povera donna come una risposta al suo insegnamento: come questa vedova getta nel tesoro del Tempio tutto ciò che ha, così noi dobbiamo gettare e affidare la nostra vita al Cristo.
Il primo miracolo compiuto da Gesù è stata la guarigione della suocera di Simon Pietro (Marco 1, 29-31), perché potesse servire. L’ultimo insegnamento del Signore, prima del discorso escatologico e la sua Pasqua, quasi come il suo testamento, è la lezione dataci da questa vedova. Gesù la mette in cattedra per contrastare il protagonismo degli Scribi. I falsi maestri, che mettono l’io al posto di Dio, non sono da imitare. Questa povera vedova invece sembra dirci, con il suo gesto, che dobbiamo affidarci a Dio e amarlo con tutta la vita. E’ solo in questo modo che daremo una risposta piena al Figlio dell’uomo. Lo riconosceremo come Signore e adempiremo addirittura con pienezza il Primo Comandamento: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto intero il tuo cuore, con tutta intera la tua vita, con tutta intera la tua mente, con tutta intera la tua forza” (Marco 12, 30). E’ solamente in questo modo che si può entrare nel Regno di Dio e sperimentare la salvezza.
San Daniele Comboni (1831-1881) ha sempre cercato in tutta Europa i mezzi necessari per fondare la Chiesa nell’Africa Centrale. Non ha tenuto, di tutti gli ingenti mezzi posti a sua disposizione, nulla per sé. Si è sempre dichiarato povero, ma fiducioso nella Provvidenza. Per san Giuseppe, che aveva dichiarato il vero suo Economo, aveva una devozione particolare. A una benefattrice spagnola, ma residente a Parigi, così scriveva il 3 dicembre 1868: “Povero per vocazione e per necessità, sacrifico tutta la mia esistenza per soccorrere i miei fratelli in Cristo, come sacerdote missionario dell’Africa Centrale”. A p. Giuseppe Sembianti, direttore del suo Seminario a Verona, così scriveva, il 5 gennaio 1880: “Ora al Bambinello Gesù, a sua Madre Regina della Nigrizia, e al mio caro economo san Giuseppe (che non muore mai, né fa mai bancarotta, ma sa sempre amministrar bene e con molto giudizio) faccio una novena per ottenere la grazia che mi sta tanto a cuore per la Missione dell’Africa Centrale”.
P. Tonino Falaguasta Nyabenda
Ciao, p.Luigi, mi sei stato compagno amabilissimo per sette anni a Rebbiò e a Crema. Che il Signore ti abbia…
Mi è piaciuto moltissimo e concentra tutto il senso della vita dell' uomo
L'ho incontrato più volte a Firenze, negli anni prima del sacerdozio, ci siamo scritte delle lettere, sono andata a trovarlo…
Ciao, padre Graziadio. E’ giunta l’ora per te, di riscuotere per l’eternità, il giusto compenso per quel granfe amore che,…
Ciao Santina, perdona il ritardo nel risponderti. Sarebbe bello potersi conoscere. Ti lasciamo qui scritti i contatti in modo da…