Padre Vincenzo Percassi

 

Il Vangelo di oggi potrebbe considerarsi un appello alla conversione rivolto ai buoni piuttosto che ai peccatori. In effetti sembra questo il senso dell’insolita obiezione di Gesù quando dice: perché mi chiami buono. Solo Dio è buono”. Con essa Gesù sottolinea il fatto che la bontà nell’uomo non è sorgiva ma piuttosto un riflesso della misericordia del Padre che della bontà è la sorgente. Nessuno sarà mai “abbastanza” buono da non aver bisogno di conversione, di ritornare a Dio sorgente di amore.

Il ricco del Vangelo allora rappresenta tutti coloro che facendo del bene pensano di poter stare in piedi da soli e compiere il loro dovere. Il ricco del Vangelo vorrebbe che Gesù gli dicesse cosa fare per poi tornare a casa sua e fare il suo dovere. Gesù gli fa notare che gli manca ancora qualcosa che tocca la profondità del suo cuore e non i soli comportamenti. I discepoli lo capiscono benissimo. Essi non sono particolarmente ricchi ed hanno lasciato tutto per seguire Gesù. Ciononostante, invece di compiacersi di quel che han fatto, dinanzi alle parole di Gesù, restano stupiti ed intimoriti: chi può mai salvarsi? Capiscono bene infatti che se davvero si fossero trovati nella posizione dell’uomo ricco, con tutte le possibilità che le sue ricchezze gli offrivano, difficilmente sarebbero stati così liberi nel cuore da staccarsene come Gesù gli chiedeva. Gesù, dal canto suo non esita a confermare questa loro intuizione. È impossibile – non solo per i ricchi – ma per qualsiasi uomo salvarsi da solo. Poi, con uno sguardo diretto agli occhi dei discepoli, e quindi tranquillo e allegramente sfidante Gesù aggiunge: a Dio tutto è possibile. Dio non domanda a noi cose impossibili ma ci chiede di fidarci di Lui e lasciargli fare cose che altrimenti sarebbero per noi impossibili. È pur vero che inizialmente Gesù rimanda all’osservanza dei comandamenti come esigenza minima per erediterai la vita eterna. Occorre notare però che Gesù parla di ereditare e quindi non di conquistare la vita eterna.
Poche cose sono facili e comode come incassare un’eredità. Inoltre, stranamente Gesù lascia da parte i comandamenti che si riferiscono all’amore di dio e menziona solo quelli che riguardano l’amore del prossimo. È come se dicesse che anche se uno non conoscesse Dio, non lo ringraziasse e non lo cercasse in maniera diretta Dio non mancherebbe di compensare anche il minimo gesto di amore vicendevole ed anzi, in quanto sorgente della bontà, non mancherà di aiutare tutti a compiere quel minimo gesto. Eppure, in Gesù Cristo, Dio ci offre una perfezione di amore che va al di là del minimo necessario. Questa perfezione è offerta solo a chi “vuole” ed è descritta come un entrare nel Regno dei cieli. Entrare nel Regno dei cieli implica una decisione libera di chi scopre che già in questo mondo si può ottenere qualcosa che è preferibile – come dice il libro della Sapienza – non solo alle ricchezze, ma anche alla salute, alla bellezza ed alla luce stessa. Questo qualcosa è racchiuso nello sguardo di amore che Gesù posa sul giovane ricco.
Esso corrisponde a quello che la lettera agli Ebrei descrive come una energia vivente ed attiva che penetra come una spada a doppio taglio per separare l’anima dallo spirito, le intenzioni dai pensieri, i sentimenti dalle passioni. La grazia di Cristo in altre parole porta chiarezza nella confusione del cuore dell’uomo che da solo è incapace di distinguere l’amore dalle sue passioni, le sue paure ed ansie dal sano timore di Dio, i suoi attaccamenti dai desideri dello Spirito Santo. È solo portando chiarezza nel suo cuore che l’uomo diventa libero di amare e quindi capace di bontà gratuita. Per ottenere tale chiarezza egli deve lasciarsi scrutare da Cristo e deve volerlo con una passione senza compromessi per la verità. Significativamente tra i comandamenti elencati da Gesù al giovane ricco ve ne è uno aggiuntivo non contenuto nel decalogo.
Esso viene spesso tradotto come “non defraudare”, ma forse più precisamente potrebbe rendersi come “non sottrarti alla verità”. La perfezione del Vangelo non è ciò che Gesù domanda ma piuttosto ciò che lui offre a chi vince la paura di riconoscere la propria radicale povertà, i propri limiti, le proprie impossibilita. Chi non riesce ad essere soddisfatto di se stesso e quindi desidera un di più che lo supera è già perfetto perché è già in cammino ed il cammino è la condizione per “entrare” nel Regno dei cieli, per scoprire che fin da ora per ogni piccolo sforzo di amore vi è un centuplo di grazia che ci fa avanzare ancora di più. Perfetto non è chi si sente buono ma chi si sente amato e quindi ha abbastanza fiducia per desiderar l’impossibile e camminare verso di esso ad ogni costo. All’uomo ricco non era chiesto che di restare abbastanza a lungo sotto lo sguardo di Cristo. E non è detto che questo sguardo non lo abbia toccato. Qualcuno in effetti lo identifica con l’evangelista Marco che solo poteva sapere di esser stati guardato con amore. Del resto, egli si allontana non arrabbiato o indifferente, ma triste ed insicuro.
Ora è proprio la tristezza il preludio alla conversione dei buoni.
Quando la parola di Gesù penetra come spada illumina la nostra povertà e ci rattrista ma rattristando essa guarisce, chiarifica, e dispone alla libertà della sequela.

P. Vincenzo Percassi