Padre Alessio Geraci

A partire dal cuore ……

Le letture che ci propone la liturgia in questa ventottesima domenica del tempo ordinario, ci aiutano a capire sempre meglio il progetto di Dio per ognuno di noi.
Questo progetto, che ci porta alla felicità piena che “non si scioglie come neve al sole”, lo possiamo trovare nella Parola di Dio, Parola che, la seconda lettura di questa domenica definisce come “viva ed efficace”. E infatti, l’autore della lettera agli Ebrei, ci presenta la Sacra Scrittura come viva, capace di giudicare i desideri e le intenzioni del cuore. La Parola che Dio ci dirige continuamente è sempre una parola di speranza, una parola di conforto, ma allo stesso tempo è una Parola che ci invita ed esorta alla conversione, a cambiare stile di vita, ad essere persone rinnovate e rinnovatrici.
Nel salmo di questa domenica possiamo vedere una necessità, una richiesta urgente del popolo di Israele: avere un cuore saggio. E in questi giorni, ne abbiamo davvero bisogno di un cuore saggio, sensato, capace di agire bene, capace di discernere, di poter battere al ritmo degli altri e non contro gli altri.

Nella prima lettura, il libro della Sapienza ci fa vedere come la prudenza e la saggezza siano realmente molto importanti…più importanti di tutte le ricchezze materiali.
E oggi più che mai ci rendiamo conto di quanto sia importante invocare come una grazia, la prudenza e la saggezza nelle nostre scelte quotidiane. Ma oggi più che mai diventano estremamente necessarie per le nostre autorità civili e religiose: hanno bisogno della prudenza per non prendere decisioni affrettate, e la saggezza per lasciarsi guidare anche dall’esperienza e dal cuore, perché il bene comune sia sempre al centro e non i propri interessi personali.

Nel Vangelo di questa domenica possiamo vediamo l’incontro tra Gesù e un uomo ricco.
Gesù vuole che riusciamo a staccarci da tutto ciò che ci impedisce di essere liberi e felici, per poter entrare finalmente nella logica e nella dinamica del Regno.
La sua logica è la logica della condivisione, che possiamo trovare nei conosciuti racconti delle moltiplicazioni dei pani e dei pesci, anche se il termine più corretto sarebbe appunto “condivisione” dei pani e dei pesci. La sua logica è la logica dell’amore che è dono e gratuità incondizionate. Ma questa logica si scontra con la logica del tempo di Gesù, che possiamo riassumere con “quanto più hai e possiedi, e tanto più sei, più vali”. Una logica che purtroppo è arrivata fino ai nostri giorni. Così come è arrivata fino ai nostri giorni un’altra logica del tempo di Gesù: il do ut des (ti do qualcosa affinché tu poi me ne dia una in cambio a me), dove la gratuità viene vista quasi come sospettosa. La logica di Gesù invece è la logica della totale gratuità, che oggi potremmo riassumere con la frase “è veramente tuo solo ciò che condividi”.
Quest’incontro che ci presenta il Vangelo questa domenica, si realizza in un contesto particolare: ancora una volta Gesù viene presentato da Marco come il “camminante”, sempre in cammino. Infatti, Gesù continua la sua missione di profeta itinerante del Regno di Dio, una missione che lo porterà a Gerusalemme, alle porte dell’impero.
E in questo suo essere in cammino, Gesù realizza vari incontri. Dell’incontro che Marco ci presenta questa domenica, mi colpiscono molto i diversi stati d’animo di quest’uomo, prima e dopo dell’incontro con Gesù. Prima dell’incontro, ci dice Marco che quest’uomo si avvicinò correndo, si inginocchiò e gli chiese qualcosa. Se corre è perché riconosce l’importanza di quest’incontro. Se si inginocchia è perché sa che lì davanti a lui c’è Qualcuno che può cambiargli la vita, perché ha sentito che è un Maestro, capace di fare prodigi. Per questo gli chiede: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». La domanda non è certo sbagliata. Quest’uomo cerca di crescere nella fede, cerca di arrivare alla vita eterna. È un uomo che oggi potremmo dire che ha “inquietudini vocazionali”. Dopo la risposta di Gesù, i suoi stati d’animo cambiano radicalmente. Se prima era arrivato correndo, adesso se ne torna a casa abbattuto, se prima era arrivato con la gioiosa speranza di un incontro, adesso se ne torna a casa triste.
Che cosa gli avrai mai detto Gesù per fare cambiare totalmente il suo stato d’animo?
In prima battuta, Gesù gli ricorda che solo Dio è buono, e l’importanza di osservare i comandamenti. E quando Gesù ascolta che fin da bambino quest’uomo ha osservato i comandamenti, ecco arrivare la frase che mette quest’uomo KO e lo fa tornare a casa triste: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ci dice Marco che quest’uomo tornò a casa sua triste perché possedeva molti beni.
È importante sottolineare come possedere molti beni non costituisca in sé peccato. Diventa però peccato quando questi beni ci posseggono, quando questi beni ci fanno diventare incapaci di condividere e di pensare agli altri. É in questa situazione che diventiamo incapaci di seguire davvero Gesù.
La sequela di Gesù vale più di qualsiasi bene prezioso, ma solamente coloro che sono capaci di staccarsi dalle proprie ricchezze potranno riconoscere l’incontro con Gesù come la ricchezza più importante del mondo.
Gesù commenta con i suoi discepoli questa situazione dicendo che difficilmente un ricco entrerà nel Regno di Dio. Ciò che Gesù vuole è che i suoi discepoli capiscano che il Regno è la cosa più importante che ci possa essere e che in questo Regno la condivisione è molto più importante che l’avere e il possedere.
Vorrei soffermarmi un attimo sugli sguardi di Gesù: all’uomo ricco, prima di rivolgergli quella frase che lo invita a spogliarsi delle sue ricchezze, condividendole, e a seguirlo, ci dice Marco che “fissò lo sguardo su di lui e lo amò”. Ai discepoli, “sconcertati dalle sue parole”, Gesù li guarda con tenerezza e rivolge loro una frase che per noi oggi diventa forza e speranza: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
E Pietro, “il portavoce” dei discepoli, si lancia in una frase carica di emozioni: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». A questa frase, Gesù risponde con un messaggio bellissimo ma che spesso mutiliamo. Dice infatti Gesù che chi lo segue, lasciando tutto per Lui e per la causa del Vangelo, riceverà la vita eterna nel tempo che verrà, e in questa vita cento volte tanto in fratelli e sorelle, madri e figli, case e campi, insieme alle persecuzioni.
E siccome a noi non piace il tema delle persecuzioni (ma a chi piacerebbe?), preferiamo tagliarlo via, questo pezzettino del Vangelo. Vorremmo solo le case, le famiglie, tutte le cose belle e buone. A me piace pensare che persecuzioni non siano solo le persecuzioni fisiche, il carcere o la morte, per seguire Gesù, come avviene oggi in alcune parti del mondo e come è avvenuto lungo la storia in molte parti del mondo. Per me persecuzione, come la intendeva Gesù è anche sperimentare l’incomprensione delle persone vicine e delle società, come avviene anche oggi, quando con le nostre scelte concrete, ispirate dal Vangelo, dimostriamo davvero che seguiamo Gesù. È quindi avere piena coscienza che per seguire Gesù non andremo incontro agli applausi, ai riconoscimenti, alle situazioni “gratificanti” ma potremo trovare l’incomprensione, l’emarginazione, il bullismo, oltre alle persecuzioni fisiche. Ma la sequela di Gesù nonostante questo, continua ad essere il tesoro più grande, che vale sempre la gioia (non mi piace dire “vale la pena”, perché sembra quasi negativa come espressione!)

Chiediamo allora a Dio che ci conceda un cuore saggio per poter seguire davvero Gesù, con coerenza e passione, come l’ha fatto san Daniele Comboni, che ricordiamo oggi come ogni 10 ottobre.

Buona domenica!

Con la missione nel cuore

Padre Alessio Geraci, mccj