Padre Alessio Geraci
A partire dal cuore ……
Questa ventisettesima domenica del tempo ordinario coincide con la prima domenica del mese di ottobre, mese missionario per eccellenza, mese dove viene risvegliata la missionarietà di ogni battezzato, perché la missione…. riguarda tutti!
Le letture che ci propone la liturgia questa domenica ci permettono di parlare del progetto iniziale di Dio e allo stesso tempo, dell’essenza più intima di Dio: la relazione. Dio è relazione, è comunione, e noi, creati a immagine e somiglianza Sua, siamo esseri relazionali, e quindi abbiamo sempre bisogno di entrare nella dinamica dell’incontro, della relazione e comunione con gli altri.
All’inizio di questa riflessione, ci possiamo lasciare provocare da una frase contenuta nella seconda lettura di questa domenica, dalla lettera agli Ebrei: «colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli». Gesù, che l’autore della lettera agli Ebrei definisce “il capo che guida alla salvezza”, non si vergona di chiamarci fratelli, perché è quello che siamo: fratelli tutti, come ci ricorda papa Francesco. E allora possiamo domandarci con sincerità, se davvero consideriamo gli altri come fratelli tutti, specialmente coloro che ci hanno deluso, tradito, ingannato, ma anche coloro che non condividono le nostre stesse idee….In Cristo siamo tutti fratelli e sorelle, figli tutti dello stesso Padre, Dio. Ma non basta crederlo o dirlo, o pubblicarlo nelle reti sociali….bisogna viverlo!
Nella prima lettura di questa domenica, il libro della Genesi ci presenta il secondo racconto della creazione, contenuto nel secondo capitolo del libro. La prima cosa che vorrei sottolineare è l’attenzione e la preoccupazione di Dio. Infatti, come ci dice il testo, Dio non vuole che l’uomo si senta né viva solo. È per questo che crea gli animali selvatici e gli uccelli del cielo. Ma, pur trattandosi di una preziosa compagnia, niente sarà uguale alla compagnia e alla presenza di un essere umano simile a lui. Per questo Dio crea la donna. La crea come un artigiano crea la sua opera d’arte. Dall’uomo assopito, tolse Dio una costola e partire da questa costola formò la donna. E poi la condusse all’uomo, la cui risposta è un insieme di stupore, gioia e meraviglia: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne». L’uomo quindi riconosce la donna come parte di se stesso, e lo possiamo notare anche dalla frase successiva: «La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Una frase che possiamo capire meglio se facciamo riferimento a questi due termini, uomo e donna, nella lingua ebraica: ish (uomo) e ishàh (donna), che ci fanno vedere come uomo e donna hanno radice comune.
Questo testo biblico non indica la superiorità dell’uomo sulla donna, come purtroppo in passato è stato detto, scritto e provato a giustificare, ma anzi la perfetta uguaglianza tra uomo e donna (con tutta la bellezza delle varie differenze esistenti che restano ovviamente), creati entrambi da Dio come un’opera d’arte, un capolavoro.
Uomo e donna, creati da Dio per vivere una relazione permanente di unione e di unità: «per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne», ci dice infatti il testo.
Quando questa relazione di uguaglianza e di unità tra uomo e donna viene spezzata, in realtà ad essere spezzato è il progetto originario di Dio. E lo possiamo continuare a vedere anche in questi giorni con i continui casi di femminicidio che occupano (o dovrebbero occupare) le prime pagine dei giornali o i titoli dei telegiornali. Quando si utilizza questo testo biblico per sostenere che la donna è nata dall’uomo e che quindi è “inferiore” all’uomo…in realtà si sta manipolando e distorcendo il progetto di Dio.
«L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto», questa frase la troviamo nel Vangelo di questa domenica e ci esprime la necessità di non rompere la relazione uomo – donna- Dio. L’uomo e la donna lasciano le proprie famiglie d’origine per formare una nuova famiglia, e lo fanno con la benedizione di Dio, e nella Sua presenza.
Gesù parla del matrimonio nel contesto di una domanda che gli rivolgono i farisei. L’evangelista Marco sottolinea che è per metterlo alla prova che i farisei chiedono a Gesù se fosse lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Non vanno in cerca di una vera risposta da parte del Maestro, cercano solo un qualsiasi appiglio per accusare Gesù e farlo fuori. Dovremmo già essere abituati a tutte le “trappole” preparate con arte dai farisei e purtroppo seguite dai farisei di oggi, presenti nella chiesa e nelle nostre comunità cristiane.
In determinati casi, ripudiare la propria moglie era permesso nelle prescrizioni di Mosè. Occorre ricordare che era una società patriarcale, nella quale la donna non era tenuta molto in considerazione. Gesù ricorre alla storia per rispondere alla provocazione dei farisei: se loro nella domanda essi si rifanno alla Legge di Mosè, Gesù nella sua risposta si rifà alla creazione operata da Dio, che ovviamente è anteriore alla Legge di Mosè. Dall’inizio della creazione, dice infatti Gesù, «Dio li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne». Queste parole di Gesù non sono facili da comprendere per chi è stato sempre abituato a muoversi in una cultura patriarcale e maschilista. Ed è proprio per questo che neanche i suoi discepoli le capiscono. In casa, i discepoli torneranno a chiedere a Gesù spiegazioni affinché questo tema gli sia più chiaro. La casa, nel Vangelo di Marco, rappresenta la comunità, il luogo della fiducia e dell’intimità, dove il Maestro insegna e i discepoli, gradualmente imparano. Per loro e in loro anche per noi, Gesù aggiunge un tema molto importante, riprendendo quello che dicevamo prima sull’uguaglianza tra uomo e donna: Gesù infatti prende il caso di un uomo che, ripudiando sua moglie, ne sposa un’altra, e il caso di una donna che ripudiando suo marito, ne sposa un altro. Entrambi commettono adulterio, non solo la donna. Vediamo quindi Gesù prendere in considerazione la donna, rompere schemi, proporre una relazione nuova di uguaglianza e di rispetto tra uomo e donna, per costruire insieme un mondo nuovo, più umano e fraterno.
La seconda parte del Vangelo ci presenta una situazione già vista in altre occasioni: i bimbi che si avvicinano a Gesù e discepoli che gliel’impediscono. La risposta di Gesù è da imparare e da vivere: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
Ci racconta Marco che Gesù diede questa risposta “indignato”, forse perché i suoi discepoli ancora una volta non avevano capito! I bimbi, i piccoli, i fragili e la loro innocenza, il loro stupore, la loro capacità di meravigliarsi davanti alle cose nuove che vanno scoprendo ed imparando….quanto abbiamo ancora da imparare da loro! Quando Gesù dice che il Regno di Dio appartiene a chi è come loro penso alla capacità di meravigliarsi davanti la novità proposta da Gesù, da questo Regno che è uguaglianza, giustizia, rispetto, solidarietà, empatia, condivisione.
Chiediamo oggi la grazia di potere anche noi, provare questi sentimenti davanti la bellezza, la freschezza e la novità del Regno di Dio che siamo chiamati costantemente ad accogliere come un dono e a condividere come un tesoro!
Buona domenica!
Con la missione nel cuore
Padre Alessio Geraci, mccj
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Mi è piaciuto moltissimo e concentra tutto il senso della vita dell' uomo
L'ho incontrato più volte a Firenze, negli anni prima del sacerdozio, ci siamo scritte delle lettere, sono andata a trovarlo…
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