Padre Alessio Geraci

A partire dal cuore ……

Le letture di questa ventiseiesima domenica del tempo ordinario (nella quale celebriamo la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, il cui tema quest’anno è: “verso un noi sempre più grande”) ci aiutano a comprendere che non si può limitare l’azione di Dio. Il frammento del libro dei Numeri, che la liturgia ci propone come prima lettura questa domenica, ci racconta infatti di come lo Spirito di Dio sia stato donato non solamente a Mosè ma anche a settanta anziani del popolo. E questi, una volta ricevuto lo Spirito di Dio, cominciarono a profetizzare. Lo Spirito si posò anche su due uomini che erano rimasti nell’accampamento e non erano usciti per andare nella tenda. Anche questi due uomini, dopo aver ricevuto lo Spirito, si misero a profetizzare. Ma invece di rallegrarsi, questa situazione provoca la gelosia di Giosuè, aiutante di Mosè. Il testo ci rivela infatti che Giosuè chiese a Mosè di proibire a questi due uomini di profetizzare. Quale era la colpa di questi due uomini? Non facevano parte del gruppo in quel momento. E quindi, nella logica di Giosuè, non potevano fare le stesse cose di coloro che invece erano nel gruppo. La risposta di Mosè è esemplare: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».

Molte volte anche noi cadiamo nel protagonismo e nell’ “esclusivismo”, limitando l’azione di Dio, mettendo come una dogana tra la grazia di Dio e gli altri, a volte pensando che questi altri non siano degni (invece noi si, eheh) di riceverla. E a proposito di profetizzare: come battezzati, tutti siamo profeti, re e sacerdoti, ma spesso, purtroppo, ce ne dimentichiamo. Nel giorno del nostro battesimo, tutti abbiamo ricevuto lo Spirito del Signore, che ci fa profetizzare. Ma la realtà è ben differente: non denunciamo con voce profetica le ingiustizie che ogni giorno vediamo nella nostra vita; non giudichiamo le realtà nelle quali viviamo come contrarie alla volontà salvifica di Dio, visto che ci parlano di corruzione, di violenza, di pregiudizi, di oppressione, di inganni, di mancanza di empatia e solidarietà specialmente in questo tempo di pandemia; non annunciamo con la nostra vita le meraviglie che Dio ha operato in noi e per mezzo di noi.

L’esclusivismo è una costante nella storia, qualcosa che si ripete ciclicamente. È una realtà che possiamo vedere anche nel Vangelo che la liturgia ci propone questa domenica. L’evangelista Marco ci presenta una situazione curiosa: il discepolo Giovanni, condivide con il Maestro ciò che sta succedendo: il gruppo dei discepoli ha visto un uomo che scacciava i demòni nel nome di Gesù. Però i discepoli non glielo permettono perché quest’uomo non era uno dei discepoli e quindi non poteva scacciare i demòni, non importa se quest’azione salvifica si realizzi nel nome di Gesù. Più che rallegrarsi perché i demòni, le forze del male, vengono sconfitte nel nome di Gesù, la loro preoccupazione era un’altra: impedirglielo perché…non era uno dei nostri! Oggigiorno ci sono molte azioni, iniziative, specialmente in questo tempo di pandemia, che non provengono necessariamente dal mondo cattolico ma che sono in difesa della vita, del creato, dei diritti umani (per tutti, perché se non sono per tutti….si chiamano privilegi!), dei migranti, degli impoveriti. E molte volte non partecipiamo a queste iniziative perché….non sono dei nostri! “Se non è un’iniziativa cattolica….meglio non andare”, sembra quasi ascoltare le nostre giustificazioni. Dimentichiamo a volte che il Regno di Dio è una realtà molto più grande della nostra Chiesa cattolica e che i semi del Verbo di Dio sono sparsi ovunque!

La risposta di Gesù a Giovanni e a quanti pretendono limitare il raggio d’azione di Dio è contundente, come sempre: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi». Bisogna allora imparare a riconoscere la bellezza del Regno di Dio anche in situazioni e persone che con noi….non hanno in apparenza nulla a che vedere!

Dopo queste parole, Gesù aggiunge un tema importante: «Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa». Il bicchiere d’acqua mi fa pensare a qualcosa di semplice ma che rappresenta allo stesso tempo l’accoglienza e il prendersi cura dell’altro, e visto che stiamo quasi entrando nel mese missionario per eccellenza, ottobre, mi piace pensare e ricordare l’accoglienza ricevuta e sperimentata in questi due millenni dai tanti discepoli missionari di Gesù, di ogni latitudine geografica, per il solo fatto di essere seguaci e annunciatori di Cristo. Poi Gesù tocca un tema delicato e molto attuale: il tema dello scandalo. In linguaggio biblico lo scandalo è come una pietra che ti fa inciampare, come un ostacolo nel cammino. Gesù parla ai suoi discepoli istruendoli di non provocare scandalo nei piccoli che credono in Lui. Gesù parla qui non solo dei piccoli in riferimento all’età anagrafica, ma soprattutto ai piccoli nella fede. Piccoli per esempio, sono tutti coloro che sono da poco entrati nel mondo della fede, coloro che da poco partecipano nelle nostre comunità cristiane, coloro che da poco stanno sentendo parlare di Gesù. Sono coloro che vanno difesi e protetti in maniera particolare. Vanno tutelati, nella stessa maniera in cui all’inizio della pandemia dovevamo prenderci cura in maniera particolare dei più fragili. Non bisogna quindi mettere degli ostacoli nel loro cammino di fede, non bisogna confonderli con atteggiamenti, parole e decisioni ambigue.

Possiamo chiederci questa domenica, che cosa scandalizzi maggiormente oggi i piccoli nella fede nelle nostre comunità cristiane. Ognuno pensi alla propria comunità di riferimento ovviamente, però…ci sono alcune cose comuni…purtroppo: i pettegolezzi, l’invidia, la smaniosa ricerca del potere, le rivalità, le divisioni, la mancanza di solidarietà, empatia e comunione… e tante altre ancora. Forse tutto questo potremmo riassumerlo con una frase: il predicare bene, con le parole, ma non vivere poi quello che predichiamo.

Poi Gesù utilizza alcuni semitismi, che non dobbiamo interpretarli in maniera letterale: “se il tuo occhio… piede….mano…ti è occasione di scandalo, taglialo”. Attenzione! Gesù non sta proponendo ai suoi discepoli che dopo un errore, personale o comunitario, bisogna essere drastici e…masochisti! No! Gesù non vuole che finiamo per amputarci le parti del nostro corpo che ci fanno commettere errori. Quello che Gesù cerca di fare capire ai suoi discepoli di tutti i tempi è la necessità di prendere coscienza dell’importanza di ogni parte del corpo e la necessità e urgenza di prendercene cura. Per cui, possiamo domandarci sinceramente: come usiamo le nostre mani? Per benedire? Per lavorare? Per ferire? Per fare cose non belle? Come usiamo i nostri piedi? Li usiamo per essere “camminanti” e “pellegrini”? O per colpire e ferire? E i nostri occhi….come li usiamo? Che cosa vedono i nostri occhi? Contemplano la bellezza del creato, le meraviglie che Dio ha creato per amore e con amore? O li usiamo per vedere solo cose che ci fanno male? E la nostra lingua, come la usiamo? La utilizziamo per benedire, per parlare con rispetto e secondo verità, per proclamare la bontà e la misericordia di Dio? O la usiamo per inventare e condividere pettegolezzi, per calunniare, per ferire mortalmente?

Buona domenica!

Con la missione nel cuore

Padre Alessio Geraci, mccj