Padre Giovanni Taneburgo
Quest’oggi iniziamo la nostra riflessione richiamando a mente l’espressione chiara e forte di Gesù: “In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli” (Matteo 18,2). Che cosa vuol dire Gesù con questa affermazione? Egli ci chiede di imitare i bambini facendo nostre tre caratteristiche che li distinguono: la semplicità, il desiderio di crescere e l’ottimismo. I bambini sono semplici, gli adulti possono diventare così complicati; i bambini hanno il desiderio di crescere, gli adulti possono considerarsi facilmente come degli arrivati che non hanno più spazio e necessità di crescere; i bambini si aspettano sempre di ricevere cose buone, gli adulti possono diventare tristi pensando che si andrà di male in peggio e aspettando quindi di essere vittime chissà di quali catastrofi. Diventare come bambini è un grande dono che siamo chiamati a chiedere al Signore e che è anche frutto di impegno quotidiano.
L’immagine ultima del passo evangelico di oggi è stupenda: Gesù che abbraccia un bambino sapendo molto bene che un bambino, come ogni persona, vive veramente solo se si sente amato. Per questo Gesù annuncia continuamente che Il Padre ama i suoi figli e le sue figlie, e che un nostro compito essenziale è quello di lasciarci raggiungere, abbracciare e amare da Dio. Quando ci sentiamo amati da Dio, allora abbiamo pace e serenità dentro e sentiamo come donate a noi l’energia e la grandezza di Dio. I discepoli di Gesù così come vengono decritti nel passo evangelico di oggi, non avevano ancora questa consapevolezza. Infatti mentre il loro Maestro parlava loro della sua sofferenza, della sua morte e della sua risurrezione, essi erano presi da tutt’altre considerazioni. Ascoltiamo le parole che Gesù proclamò: “Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. La chiamata dei discepoli richiedeva il loro entrare in questo contesto di sofferenza e passione prima e poi di vita per sempre. Poverini, non avevano ancora capito! Per questo erano presi dalla sete di affermazione e di potere e discutevano tra di loro chi fosse il più grande.
Ecco la reazione di Gesù che mirava a mettere i Dodici sulla retta via: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. E’ ciò che Gesù dice a me e a voi che mi ascoltate quest’oggi perché anche per noi il protagonismo e l’istinto del potere sono pericolosi. Possono entrare nelle nostre menti e nei nostri cuori e diramarsi un po’ ovunque, nelle famiglie, nei gruppi, nei posti di lavoro, nelle parrocchie, nelle curie ecclesiastiche e dappertutto. Purtroppo ci si dimentica che protagonismo e potere sono principi di distruzione di ogni comunità. Il servizio offerto a tutti, senza escludere nessuno, è la realizzazione più alta del nostro vivere insieme. Ciò richiede sacrificio perché la nostra tendenza naturale è quella di comandare, di ritenersi i migliori, di dominare.
Naturalmente dobbiamo ricordarci di liberare il verbo servire dalle manomissioni che spesso subisce in tanti nostri ambienti. Possiamo pensare, per esempio alle espressioni di quelli che operano nei settori commerciali: “Siamo a vostro servizio; servire è un piacere per noi”. Pensiamo pensare anche alle espressioni di tanti politici soprattutto durante le campagne elettorali: “Servire il popolo è il nostro ideale; Votateci e non sarete delusi”. Nei suddetti campi il servizio mira al denaro o al potere. L’umiltà, il servizio per il nostro bene e il bene di tutti, sono invece nel cuore del nuovo stile di vita inaugurato e realizzato in pieno da Cristo Gesù, e non mirano a interessi egoistici: economici o di potere. Ogni seguace di Cristo Gesù è chiamato a servire per compiere una missione di amore e di pace. Parlando ai moderatori delle realtà associative ecclesiali qualche tempo fa, Papa Francesco ha ricordato che “Governare è servire”. Inoltre ha detto con forza che coloro che hanno l’autorità di governare devono farsi ultimi per essere servitori di tutti. Ciò richiede abnegazione e grande ascesi spirituale.
Grande papa Francesco, somiglia tanto a Gesù Salvatore!
Giovanni Taneburgo
Missionario Comboniano