Padre Alessio Geraci

A partire dal cuore ……

In questa tredicesima domenica del tempo ordinario, le letture proposte dalla liturgia ci aiutano a capire sempre più il piano di Dio per noi.

Nella prima lettura, il libro della Sapienza ci fa “immergere” in questo piano divino, in questo progetto di Dio: «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi».E infatti, il progetto iniziale di Dio è lo Shalom, parola semitica che esprime la pace, l’armonia, la serenità, le buone relazioni con il creato, il Creatore e le creature, la stabilità, l’integrità. Nell’ottica di questo progetto divino, l’autore del libro della Sapienza ci dice che Dio «infatti ha creato tutte le cose perché esistano;le creature del mondo sono portatrici di salvezza». Viene reiterata qui l’idea che tutto ciò che ha creato Dio è in sé buono, e quindi non possiamo associare nulla di ciò che ha creato Dio ai nostri concetti umani di negativo o sbagliato. E’ davvero importante comprendere questo: per Dio non esistono “scarti”né scartati, né eliminati, né squalificati, né colpevoli né irrimediabilmente perduti, ma solo e soltanto amati. Da sempre e per sempre! E questa è la Buona Notizia che è degna di essere annunziata, perché è Amore, e solo l’Amore è degno di fede, ci ricorda la riflessione teologica (in particolare il teologo svizzero H.U. Von Balthasar).

In questo progetto iniziale di Dio, in questo cammino verso la felicità piena e duratura, non c’è spazio per la morte. L’uomo e la donna di ogni tempo storico e di ogni latitudine geografica, si sono sempre fatti una domanda: ma se Dio è davvero così buono, allora come è entrata la morte nel mondo? Chi l’ha creata? E’ una domanda molto attuale specialmente in questo tempo di pandemia.

L’autore del libro della Sapienza, per dare una risposta in chiave sapienziale a questa domanda “ancestrale”, ci dice che «per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono».Il diavolo è presentato nella Bibbia come colui che cerca di separare, dividere, come colui che si oppone in maniera decisa al progetto di Dio. Se noi seguiamo il Dio della Vita, anche se il nostro corpo sperimenta la morte, in realtà non moriamo davvero, perché il nostro Dio è della Vita, il Dio che ci ha creato affinché sperimentassimo e godessimo della vita eterna, la vita in pienezza che comincia già ora e qui su questa terra. Ma se invece seguiamo il diavolo e tutto quello che rappresenta oggi, se scegliamo quindi di schierarci volontariamente dalla parte del male, dell’oppressione, della violenza, della corruzione, dell’invidia, della gelosia, dell’avarizia, dello spirito di competizione, della mancanza di perdono, dei pregiudizi, della discriminazione, se quindi scegliamo di appartenere ad un’altra squadra e non a quella di Dio (per restare in tema di questi Europei di calcio, eheh), beh allora ci allontaniamo sempre più dal Dio della Vita che è puro Amore e quindi sperimentiamo la morte. In perfetto stile sapienziale quindi, la prima lettura ci colloca davanti ad un bivio, e quindi dobbiamo fare una scelta, dobbiamo necessariamente schierarci. Sarà la nostra vita, con le nostre opzioni concrete e quotidiane a evidenziare chi abbiamo scelto di seguire, se il Dio della Vita o se l’oppositore del Dio della Vita!

L’evangelista Marco nel Vangelo che la liturgia ci offre questa domenica, ci presenta due episodi molto belli, di esperienze di guarigione e di salvezza ma soprattutto di fede. Molti sono i segni operati da Gesù, segni che parlano di guarigioni, di persone morte che ritornano a vivere, di persone “messe fuori” dalla società e dalla religione, e che sperimentano, forse per la prima volta, accoglienza gratuita e senza pregiudizi, perché il Dio che ci presenta Gesù è il Dio della Vita, il Dio che tutto ci dona e nulla ci chiede, per potenziare la nostra vita, affinché sia feconda, abbondante, piena.

Tutti questi segni si sono potuti realizzare grazie alla fede di coloro che nei loro cuori non avevano il minimo dubbio: Gesù era l’unica persona in grado di aiutarli concretamente, l’unica persona nella quale depositare tutta la loro fiducia e speranza.

Come Giàiro: l’evangelista Marco ci dice che era capo della sinagoga, ma soprattutto padre di una bambina moribonda. Giàiro si avvicina a Gesù con fede, sapendo che Lui e solo Lui può salvare la sua figlioletta. Gli si getta ai piedi e lo supplica con insistenza affinché Gesù vada, imponga le mani sulla figlioletta moribonda e questa possa continuare a vivere. E Gesù va, accompagnato da molta gente ma a metà strada succede qualcosa che potrebbe stravolgere completamente i piani: informano infatti Giàiro della morte della piccola. Davanti uno scenario del genere, interviene Gesù, le cui parole sono un balsamo per i nostri cuori oggi: «Non temere, soltanto abbi fede!». Due realtà si scontrano: le notizie della morte della piccola, provengono da casa di Giàiro, e sono quindi vere, purtroppo. Ma Gesù dice di non temere, di avere fede. E Giàiro, si dimostra uomo di fede: scommette tutto sulle parole di Gesù!

Arrivati a casa di Giàiro, accompagnati solo da Pietro, Giacomo e Giovanni, e vedendo il trambusto (con le comprensibili lacrime e le grida di dolore), Gesù, come dal resto ci ha abituati, sorprende tutti: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme».La gente che era lì però, si prendeva gioco di Gesù, deridendolo. La risposta di Gesù è mandare via tutti dalla casa: qualcosa di meraviglioso sta per succedere, ma solo chi crede davvero, può vivere quest’esperienza. Solo chi ha davvero fede e “spera contro ogni speranza”, può vedere la vita brillare in tutto il suo splendore. Gesù quindi prende per mano la bambina, e le dice due parole aramaiche (l’aramaico era la lingua parlata da Gesù) che resteranno nella memoria di molti, fino ai nostri giorni:«Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!».A queste parole, la bambina si alzò immediatamente e cominciò a camminare. E’ interessante notare come l’evangelista Marco per raccontarci di quest’episodio, utilizzi uno dei due verbi che gli autori sacri impiegheranno nei loro testi per parlare della Risurrezione di Gesù, in questo caso il verbo greco anìstemi. Gesù è stato “svegliato” dalla morte e innalzato alla vita perché nella sua vita aveva risvegliato quanti erano morti o vivevano da morti.

Molte volte viviamo situazioni, spesso drammatiche, che ci lasciano in effetti come morti, incapaci di apprezzare nella sua totalità la bellezza della vita. E a volte cominciamo anche a dubitare addirittura che la vita, la nostra vita, abbia un senso. Ma è proprio in questi momenti che nei nostri cuori affranti e spezzati (e a maggior ragione dopo più di un anno di pandemia) risuonano forti le parole di Gesù, parole che il Maestro, l’Amico, il Signore oggi rivolge a tutti e ad ognuno di noi, specialmente in coloro che pensano trovarsi in una situazione senza via d’uscita ormai: a te dico, àlzati!

Altre volte viviamo ma sembriamo morti, a causa di malattie che non ci lasciano vivere in pienezza, facendoci spendere ingenti somme di denaro. E’ il caso della donna che soffriva da dodici anni (la stessa età della figlioletta di Giàiro, morta e nata a nuova vita) di perdite di sangue e la cui storia l’evangelista Marco inserisce in mezzo a quella di Giàiro. E’ la storia di una donna che soffre. E non solo per la sua malattia. Soffre anche perché a causa della sua malattia è considerata dalla Legge come impura. E quindi non può avvicinarsi a nessuno per paura di “contagiare” agli altri la sua impurità. E’ una donna emarginata. Ci ricorda molto da vicino quello che abbiamo vissuto specialmente l’anno scorso, con la paura di contagiarci e contagiare gli altri con il covid19.

Questa donna vive perché il suo cuore continua ancora a battere, ma in realtà non vive in pienezza la sua vita.

Gesù sta camminando in direzione della casa di Giàiro, quando questa donna, che aveva udito parlare di Gesù, gli tocca il mantello. Immediatamente la sua malattia scomparve e anche lei poté sperimentare una nuova vita, una rinascita. E’ il risultato della sua fede: l’evangelista ci spiega le motivazioni del gesto di questa donna:«Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata».

La domanda, retorica a dire il vero, che Gesù rivolge alla gente, sul chi l’avesse toccato, serve a Gesù per “fare uscire allo scoperto” la donna, per farle sperimentare la bellezza di una fede capace di non avere timori ad essere annunziata, proclamata, condivisa. Quella donna, infatti, dopo aver ammesso di aver compiuto lei quel gesto, riceve pubblicamente la lode della sua fede, da parte di Gesù: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

La fede di una donna “impura” agli occhi della Legge e dalla gente, viene presa ad esempio da Gesù: è un durissimo colpo che Gesù assesta ai moralisti e ai “tifosi” di una religione che, pensando di rendere culto a Dio, finisce per escludere, emarginare, separare, dividere! E’ in fondo, riprendendo la prima lettura, il progetto salvifico di Dio contro il progetto distruttivo del diavolo. Dio unisce, sana, guarisce, vuole la nostra felicità e ci conduce alla vita piena, abbondante, feconda. Il diavolo invece separa, divide, cerca la nostra distruzione fisica e morale, e ci conduce lentamente alla morte.

Con queste due guarigioni, con queste due storie concrete di rinascita, ancora una volta Gesù ci fa vedere quanto è meraviglioso il progetto di Dio per ognuno di noi.

E noi, come il salmista, possiamo rispondere a questa Parola che ci viene donata questa domenica, con queste bellissime parole:«Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato. Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre».

Per concludere, possiamo pensare a delle storie concrete di “rinascita” che conosciamo, o alle nostre storie di rinascita, e ringraziare di tutto cuore il Dio della vita per quello che ha fatto e continua a fare in loro e per mezzo di loro, in noi e per mezzo di noi.

Buona domenica!

Con la missione nel cuore

Padre Alessio Geraci, mccj