Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi,  e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato». (Gv. 2,13-20)

 

Cafarnao era una delle città del nord in cui si organizzavano fre­quenti carovane per “salire a Gerusalemme”. Già fin dai primi di mar­zo giungevano pellegrini dai villaggi delle vicinanze; si riunivano a Cafarnao e proseguivano processionalmente verso la città santa.

Anche  Gesù sentì il richiamo di Gerusalemme e partì verso il tempio di  Yahweh. Dopo quattro giorni di cammino Gesù, con altri pellegrini, arrivò al monte degli Ulivi e dalla sua sommità scorse lo splendore della città e il tempio.

 

  1. LA CASA DI DIO

La parte più frequentata del tempio era l’atrio dei gentili, metà tempio e metà mercato. Specialmente durante le feste della pasqua il movimento in questa parte del tempio era enorme. Gente venuta da tutte le contrade della Palestina e del mondo si affollava per comprare, vendere, curiosa­re. Era difficile muoversi fra quella moltitudine, perché non era compo­sta solo di persone. La piazza si trasformava in un miscuglio di banca, mercato, uccelliera, ovile e stalla. I cambiavalute – poiché nel tempio non era accettata la corrente moneta romana e doveva esser cambiata in sicli per fare qualche compera o per pagare il tributo religioso –  esponevano su banchi di legno i loro vassoi di rame nei quali rilucevano le mo­nete giudaiche. A tutto ciò si mescolavano pecore, tori, colombi per i sacrifici. Se si pensa che nella pasqua dell’anno 70 fu­rono sacrificati – secondo Giuseppe Flavio – nientemeno che 250.000 agnelli, possiamo immaginare cosa diventasse tutto questo ammasso va­riopinto. Odori nauseabondi, una moltitudine urlante che decantava la propria merce, discuteva sui prezzi e spesso veniva alle mani.  È facile capire l’impressione che qualsiasi sincero credente provava attraversando il portico di Salomone. Arrivava lì con il cuore pervaso dall’emozione, con l’anima immersa nella preghiera e, di colpo, tutti i suoi sensi si sentivano aggrediti. Odore di sterco mi­sto all’aroma acuto delle spezie, vocio di venditori, agitarsi di folla  che si muoveva come un immenso formicaio. Il pellegrino si sentiva cadere le braccia: tutti i suoi sogni di orazione, custoditi durante il viaggio, urtavano crudelmente contro quella sordi­da realtà.

 

  1. L’IRA DI GESÙ

Non è difficile immaginare ciò che provò Gesù nel vedere un simile spettacolo. Qualcosa esplose dentro di lui. Chi predicava la salvezza dell’umanità avrebbe potuto tollerare quell’offesa alla santità di Dio e alla fede degli uomini? Raccolse da terra alcune corde che servivano per le­gare gli animali, le unì insieme con un nodo e si lanciò contro i cam­biavalute e contro i venditori gridando: “Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio una spelonca di ladri”. La gente guardava atterrita, in un silenzio drammatico. Ma nel profondo dell’anima tutti comprendevano l’ira di quel profeta sconosciuto.

 

  1. IL GESTO DI GESU’

Che cosa intendeva colpire realmente Gesù con la sua frusta? Gesù che non combatte il tempio, né la teologia su cui si basa, né il culto che in esso si pratica, ma gli abusi che vi si com­mettono: il miscuglio di religione e commercio, riti e denaro, i sotterfugi di alcuni sacerdoti che proteggono i traffici traendone un guadagno. Gesù non tollerava che la casa di suo Padre fosse trasformata  in una spe­lonca di ladri o in un luogo di mercato.

Questa interpretazione è comune nella storia della chiesa e nel commentatore biblico. Sant’Agostino vede il fondamento del peccato nell’egoismo: Chi sono quelli che vendono agnelli e colombe? Sono quelli che nella chiesa cercano più il pro­prio interesse che quello di Cristo. E Sant’Antonio, nei suoi sermoni rimasti volutamente sconosciuti per la scandalosa violenza delle espressioni usate contro la corruzione della gerarchia del suo tempo, è spietato nella sua denuncia: si incontrano  vescovi e preti che non sono pastori, ma lupi rapaci che “predicano per denaro”. Per Antonio la bramosia di parecchi preti è tale che li denuncia di arrivare ad adulterare persino il sacramento dell’amore: “Non sono pochi i sacerdoti, anzi, per meglio dire, i mercanti, che celebra­no la messa per denaro, e se non fossero sicuri di ricevere i soldi, certamente non celebrerebbero la messa”. Mentre Cristo “da ricco che era si è fatto povero”, molti dei suoi rappresentanti si arricchiscono impove­rendo il popolo ( Serm. V Dom. Pent. 2,15).

Lanza del Vasto evidenzia l’at­tualità del problema: “In ogni comunità religiosa possono trovarsi anche oggi dei mercanti; e tutti quelli che entrano nel tempio inseguendo ricchezze, o onori, o tranquillità, o sicurezza saranno espulsi dallo stesso Cristo Gesù, da vivi o da morti”.

Chiaramente, la collera di Gesù rivela che tra le offese fatte dall’uomo a Dio, poche superano quella che si compie quando ci si serve del nome di Dio per arricchirsi e sfruttare gli altri.

 

  1. SCENA FINALE

Dopo che Gesù ebbe scacciato i mercanti, ecco che nel tempio si avvicinarono ciechi e zoppi e li guarì (Mt 21,14). Questo particolare che l’evangelista Matteo mette quasi di sfuggita, è carico di significato, e acquista un rilievo eccezionale. Vengono  messi alla porta i mercanti e sono accolti gli emarginati. Il tempio profanato dai mercanti, viene “riconsacrato” dalla presenza dei poveri. Il segno più sicuro che il Tempio ha cessato di essere spelonca di briganti è quando i poveri vi si sentono a loro agio e hanno la sensazione di essere in casa propria. Scrisse Dietrich Bonhoeffer:   “Soltanto colui che grida in favore dei poveri e perseguitati ha il diritto di cantare in gregoriano”. Possiamo completare: ha il diritto di stare nel tempio solamente chi ha avuto il coraggio di alzare la voce in favore della giustizia, in favore della libertà, in favore dell’uomo, ogni uomo, la cui dignità, i cui diritti fondamentali siano stati calpestati. Ha diritto di parlare con Dio chi è stato capace di parlare e di agire in favore dell’uomo.

P. Teresino Serra

 

 

Fonti

– Alberto Maggi : Come leggere il vangelo, senza  perdere la fede

– J. Luis Martìn Descalzo: Gesù di Nazaret, Ed. Dehoniane

– Romano Guardini: Il Signore