Gesù disse: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita. (GV. 10)

 

Il buon pastore è una immagine di San Giovanni, che ci presenta Cristo come missionario del Padre. Quella del buon pastore è una vita spesa totalmente per il suo gregge. Missione, allora, è imitare l’azione del buon pastore, spiegata nei verbi missionari che troviamo nel testo giovanneo:

 

1.Conoscere:

Il pastore conosce le sue pecore e le chiama per nome. Le pecore conoscono la voce del pastore. È il senso di appartenenza reciproca. Il pastore non è un estraneo e, soprattutto, non è un mercenario. Il pastore ama le sue pecore perché sono sue; gli appartengono.

La missione ci chiede questo senso di appartenenza che ci porta a renderci conto, a conoscere le situazioni in cui vive il popolo di Dio, ad ascoltare il grido del suo dolore e vedere le sue sofferenze. Tutto questo ci porta al dovere di una analisi attenta della situazione socio-politica di un popolo, per scoprire i modi concreti e più opportuni per evangelizzare anche nelle condizioni meno favorevoli.

 

2.Camminare con:

Il pastore cammina al passo delle sue pecore. Cammina per gli stessi sentieri e condivide ogni situazione: il caldo e il freddo, il vento e la pioggia, i sentieri tortuosi e i pascoli erbosi, il giorno e la notte. Il pastore cammina e vive con loro.

La missione richiede l’impegno di camminare con il popolo e condividere le sue vicende. La dimensione missionaria delle fede cristiana spinge ogni battezzato a farsi solidale con la sua gente, con il popolo di Dio, partecipando alle sue gioie e speranze, tristezze ed angosce.

 

3.Condurre a:

Il pastore non abbandona le sue pecore nello stesso prato col pericolo che l’erba finisca, si secchi e le pecore muoiano di fame. Il pastore cerca sempre  pascoli  nuovi, freschi, erbosi. La missione ci esige un rinnovamento: cercare sempre nuovi metodi, nuove strategie e nuovi cammini.

La missione, inoltre, richiede iniziative che possano liberare l’uomo dalla paura, dall’ignoranza, dalla fame, dalle malattie e dalle ingiustizie. La missione ci chiede un lavoro sempre nuovo di promozione della giustizia, educando la gente ad assumere le proprie responsabilità politiche e sociali. Cercare “il nuovo dello Spirito” è amare il popolo.

 

4.Cercare:

Il pastore lascia le sue novantanove pecore per cercare quella che si è persa. Rischia, lasciando da sole le novantanove per cercare quella che manca. Rischia perché anche la pecorella che si è persa è sua. Dio non può permettersi di perdere nessuno. Ogni creature su questa terra è sua. Ogni creatura è preziosa ai suoi occhi. Ogni creatura interessa a Dio.

La missione ci chiede di uscire, andare e cercare. Cercare chi nessuno cerca. Cercare chi manca, chi non è nell’ovile. Cercare sempre, uscire dalle nostre tane. Uscire dal “circolo così comodo e simpatico dei credenti” e cercare le molte pecore che hanno abbandonato l’ovile, o che in quell’ovile non si sentono ancora accolte.

 

5.Curare:

Il pastore cura le ferite e, se è necessario, si mette sulle spalle la pecorella ferita perché non si affatichi. Il pastore alleggerisce  la sofferenza del suo gregge.

La missione ci chiede di preoccuparci delle ferite sanguinanti del popolo. La missione ci chiede di impegnarci nella liberazione dell’uomo dal peccato, dalla violenza, dalla ingiustizia, dall’egoismo, dal bisogno e dalle strutture oppressive. E in situazioni di conflitto il cristiano cerca la verità e la giustizia, escludendo la violenza come soluzione ai problemi che affliggono il popolo.

 

7.Difendere:

Ogni nemico delle pecore è nemico del pastore. Il pastore non scappa quando arriva il lupo. Lo affronta perché ama le sue pecore. Il pastore vigila, è attento per difendere le pecore che gli appartengono. Le pecore sono la sua vita.

La missione ci chiede di amare il popolo fino ad affrontare il suo nemico sempre in agguato. I nemici del popolo, particolarmente del popolo povero, sono tanti: gli abusi del potere, tipici dei regimi fondati sulla forza, una giustizia legata o sottomessa al potere, il terrorismo, il razzismo, un clero lontano da problemi del popolo e dai poveri, l’economia del libero mercato, l’emigrazione di masse di gente in cerca di pane, l’emarginazione nei ghetti delle zone urbane, la situazione di povertà e dimenticanza dei gruppi minoritari….

Difendere il popolo dal lupo significa amare il popolo, mettersi dalla sua parte e combattere contro chi vuole distruggere la sua dignità e la sua identità.

 

8.Offrire la vita:

Vita significa vivere con e vivere per. Con gli altri e per gli altri. Gli altri hanno un nome, una storia e un cuore che vuole essere amato. La vita ci è stata data per donarla. Nessuno può vivere per se stesso. Il cristiano sarà giudicato sull’amore, sulla vita donata. Dio vuole essere sempre amato in qualcuno: nel piccolo, nel bambino, nell’affamato, nel prigioniero, nel lebbroso, nell’ammalato.  E alla fine dei tempi, Dio benedirà con amore: “Beato tu, perché ciò che hai fatto al più piccolo dei tuoi fratelli lo hai fatto a me”. Solo i pastori “secondo il cuore di Dio”(Gr. 3,15) ameranno il popolo con amore, generosità evangelica fino a dare la vita.

 

Teresino Serra