Erasmo Da Rotterdam (1466-1536) scrisse parole dure contro il male causato dall’uomo: “…A me definire animalesco un conflitto armato sembra ancora inadeguato. In effetti gli animali vivono per lo più concordemente e socievolmente all’interno della propria specie; si muovono in gruppo, si difendono e si aiutano reciprocamente… Ma per l’uomo non c’è bestia più pericolosa dell’uomo. Gli animali, quando combattono, combattono con le armi che gli ha dato la natura. Noi uomini ci armiamo a rovina degli altri uomini di armi innaturali, escogitate da un’arte diabolica. Gli animali non si scatenano per qualsiasi ragione, ma solo perché sono inferociti dalla fame, perché si sentono braccati, perché temono per i cuccioli. Noi uomini scateniamo le più tragiche guerre per i motivi più futili, più stupidi e irresponsabili. Chi ha mai sentito dire che centomila animali si sono sterminati a vicenda?”

L’uomo rappresenta una minaccia costante per la propria vita e per quella degli altri. La Bibbia non è così crudele e negativa come Erasmo da Rotterdam: Dio rimase contento della sua opera quando creò l’uomo. E nel salmo 8 leggiamo: “Signore, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi”. Nella Bibbia il volto dell’uomo è creato a immagine del volto di Dio. Ovviamente anche la Bibbia non nasconde che l’uomo possa diventare pericoloso per il suo simile. L’uomo contro l’uomo diventa paura, pericolo e morte.

VOLTI, NON NUMERI

 Il libro dell’Esodo, quando Dio chiede un censimento per il suo popolo, raccomanda di contemplare il volto della persone prima di contarle. E’ interessante notare come l’operazione del censimento non si riduca a un semplice contare, ma consista nel “sollevare dei volti”. Più che mettere insieme delle cifre, bisogna far emergere dei volti. Quando gli esseri umani vengono trasformati in numeri, l’orrore si avvicina… Occorre contare e fare censimenti, ma, per far questo, ciascuno deve poter alzare la testa e mostrare così la propria dignità. Guai quando un uomo diventa numero, oggetto, proprietà! La parola viene data all’uomo non per contare, ma per comunicare e creare relazioni fraterne.

IL VOLTO DELL’ALTRO

Enzo Bianchi scrive che ogni giorno, incontrando gli altri, noi posiamo lo sguardo sul loro volto. Se non posiamo lo sguardo sul loro volto, significa che vogliamo non vederli, non riconoscerli; li riduciamo a essere ombre, silhouettes, accanto alle quali passiamo per andare oltre. Ma se incrociamo un volto, se lo mettiamo a fuoco, ecco emergere davanti a noi un altro, certamente anonimo, senza nome, ma individuabile a causa del suo volto unico, irripetibile. Il volto è quello spazio dal quale emanano sguardo e parola; è  l’espressione della sua identità, visione (da cui “viso”, visum: “veduto, visto”) che ci permette il riconoscimento. Nell’accendere una relazione, un rapporto con l’altro, prima di ascoltarlo noi lo guardiamo, guardiamo in particolare il suo volto. È il volto dell’altro, davanti a noi, che attira il nostro sguardo o lo respinge, che accende in noi il desiderio o inocula in noi il rifiuto. È il volto dell’altro che accende in noi il sentimento. Soprattutto il nostro primo modo di cercare è lo sguardo: cerchiamo visi, cerchiamo il viso.  (cf.Bianchi E., Il volto di Dio)

VOLTI CANCELLATI

Purtroppo la nostra è una società che cancella il volto, cioè l’originalità, la dignità, l’unicità di ciascun essere umano. Oliver Clément, scrittore e teologo,  ha  denunciato  la più grave minaccia della società e l’attentato contro il volto dell’uomo. Scrive: “La follia dei totalitarismi e la folla solitaria delle metropoli solitarie, finiscono ugualmente per cancellare il volto dell’uomo. Una civilizzazione di fuga dinanzi alla morte  e dinanzi al mistero lo annega nel grassume dei rumori, delle immagini, dei nutrimenti, di tutto quel gioco che si svolge alla superficie dell’esistenza, delle aggressioni nervose e delle pesantezze carnali compensatrici”.

Lo scrittore e pensatore svizzero Max  Picard, fin dal 1929, notava come il viso umano fosse sparito da certa pittura contemporanea, che aveva collocato “delle pietre sepolcrali sulla faccia asfissiata dell’uomo”. C’è una pittura, e una filosofia, in cui l’uomo viene ridotto a denti, unghie, mani, sesso, artigli usati per azzannare, tenere, arraffare, spremere piaceri effimeri e… strozzare l’altro.

Ma una società senza il “culto del volto” è una società che rende schiavi. Non per nulla, nell’antichità greca, lo schiavo veniva chiamato apròsopos. Letteralmente: colui che è privo di volto. Un monaco dei primissimi secoli cristiani, il grande Macario, dovendo presentare gli uomini “decaduti”, li raffigurava come prigionieri legati schiena contro schiena, in modo da essere condannati a non potersi mai guardare in faccia. Come a dire: l’inferno è la privazione del volto.

 VOLTI DISTRUTTI    

Dio vide il sangue del primo uomo ucciso e domandò a Caino: “Dov’è tuo fratello?” Caino rispose: “Sono forse io il custode di mio fratello?” Abele non fu mai suo fratello. Quando Caino guardava con occhi di odio il volto di Abele, non riconobbe in lui mai suo fratello. E iniziò a ucciderlo ogni giorno con invidia e  gelosia. E Caino continua anche oggi a uccidere Abele, non solo con l’indifferenza ma anche con  la competizione selvaggia, con l’economia senza scrupoli, con lo status sociale, col razzismo, con la religione e con la sete dell’avere sempre di più. Fino alla distruzione totale. Con un colpo di fantasia e di satira, Georges Bernanos scrisse: “Ci fu un’ultima guerra nel nostro pianeta che distrusse tutti gli uomini, a eccezione di due aviatori nemici, che finirono con l’incontrarsi e scontrarsi al di sopra di un’isola deserta del pacifico. Naturalmente si precipitarono l’uno contro l’altro. In quel momento, in cima ad una pianta di cocco, uno scimmione, un grande scimmione e la sua femmina stavano a guardare i due aerei inabissarsi in fiamme nel mare. E lo scimmione mormorò con voce pensierosa: “E adesso non ci resta da far altro che ricominciare…”

Teresino Serra