Il coronavirus sembra indebolirsi mentre l’economia inizia ad agonizzare. In questa difficoltà economica  la tentazione è pensare solo a noi stessi e  dimenticare chi è più povero di noi. Gli altri poveri, quindi, sono scomodi; i migranti danno fastidio e chi chiede aiuto non è ascoltato. Quante parole  diventano scomode! Dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia..(cf. Evangelii gaudium n.202-203)

 1.      Missione è ascoltare il grido del povero

Chi è il povero? Colui che non ha denaro? Ma vi sono giorni in cui il povero ha danaro ed anche lo sciupa! Colui che non ha relazioni? E’ vero, il povero è colui che non ha relazioni, che aspetta sempre, a tutti gli sportelli di tutti gli uffici, che non passa mai davanti agli altri. Ma c’è una definizione più profonda del povero: il povero è colui che ascolta sempre e che non è mai ascoltato.

Il povero ascolta sempre: ascolta l’insicurezza del domani e la fame dei figli; ascolta la prepotenza del padrone e la paura del licenziamento; ascolta l’indifferenza dei ricchi e l’invidia dei poveri come lui; ascolta la voce della disperazione e del dubbio. Questa è la radice di ogni povertà: ascoltare sempre e non essere mai ascoltato. Quando il povero é colui che nessuno ascolta, ci si ricollega alla parola dell’Ecclesiaste: “ la sapienza del povero è misconosciuta e le sue parole non vengono ascoltate” (Eccle 9,16). La sua parola è disprezzata, nessuno vi presta attenzione. Se vogliamo arrivare alla povertà del povero, dovremo, prima di tutto, ascoltare. Imiteremo così un  quell’atteggiamento di Dio presente nei salmi: “ Il povero ha gridato, Dio ascolta” ( Sal 34,7)

Nel cuore di Dio, ricorda Papa Francesco, c’è un posto preferenziale per i poveri. E quando Gesù  iniziò la sua missione, lo seguivano folle di diseredati, e così manifestò quello che Egli stesso aveva detto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio li portava al centro del suo cuore: «Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio» (Lc 6,20); e con essi si identificò: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Mt 25,35), insegnando che l’amore verso di loro è la chiave per entrare nel cuore di Dio (cf. Evangelli gaudiumn. 197).

2. Missione è stare con le vittime dell’ingiustizia

Nel mondo  milioni di persone non possono soddisfare ai loro bisogni alimentari. Sono le sterminate masse dei poveri dei paesi asiatici, della maggior parte dei popoli africani e di non pochi paesi dell’America Latina. Anche alcuni paesi europei si trovano in serie difficoltà, schiavizzati da sistemi politici ed economici spietati. La situazione di questi dannati della terra sembrava dovesse accendersi di nuova speranza per la promessa di un boom economico, e per il crollo di vari regimi oppressivi. Si era preannunciata un’era nuova, in cui essi avrebbero finalmente potuto impiegare le loro risorse per ricostruirsi nella giustizia, nella libertà e partecipare con tutti gli altri paesi del mondo ai beni della terra e allo scambio arricchente di culture. Una umanità che doveva marciare compatta verso questa nuova fase della storia, denominata globalizzazione. Ma essi sono stati globalizzati dalle ingiustizie di sempre, dai nazionalismi egoisti e dai ladroni di turno. E così i poveri, sempre più poveri, assistono impotenti al degrado della loro terra, sperimentano la disoccupazione e la miseria, e non poche volte sono defraudati della dignità di nazione, costretti dalla logica degli interessi economici delle multinazionali. I poveri diventano sempre più lo scarto dell’umanità.

3. La missione è dove il consumismo disumanizza

Riesce difficile quantificare i rifiuti organici e inorganici delle nostre città. Un solo giorno di sciopero della nettezza urbana è sufficiente per rendere sporche, inquinate, intasate e impraticabili le nostre strade. Si è calcolato che i rifiuti alimentari di un giorno, in una città come  Roma, possono sfamare un milione di persone. L’Occidente e i paesi industrializzati degli altri continenti hanno immesso la cultura del consumismo, dove i valori sono il denaro, il successo, la competitività, l’individualismo. Tutto questo ha depauperato la persona e la società. L’uomo è ridotto ad una cifra, a un bene di consumo. Vale tanto quanto possiede e consuma, senza rendersi conto che l’uomo viene sempre posseduto da ciò che  possiede, o meglio da ciò che pensa di possedere. Se poi arriva improvvisamente un virus invisibile, che distrugge tutto, allora l’angoscia, la disperazione e solitudine segnano pesantemente chi ha basato la sua vita sull’avere. Quel Vangelo di Cristo, che è stato sempre vicino ai poveri, ci vuole riportare alla nostra vera dimensione, quando ci chiede di avere fame e sete di giustizia; perché allora saremo veramente saziati. Quel Vangelo esige da noi una mentalità di condivisione, perché i beni della terra sono di tutti.

 Teresino Serra